In questi giorni cade il 50esimo anniversario di Design Group Italia, storico studio italiano di design con sede a Milano.

Avendo preso parte al compleanno organizzato Mercoledì 17 alla Triennale di Milano, ho colto l’occasione per fare due chiacchiere con Edgardo Angelini, Managing Director e  Partner dello studio assieme a Peter Newbould e Sigurdur Thorsteinsson, per farci raccontare qualche aneddoto riguardante la storia di Design Group Italia e per lanciare uno sguardo sul futuro del design.

Mi sarebbe piaciuto porgli tante domande quanti gli anni appena compiuti, ma per logici motivi ho deciso di limitarmi a 5, il numero di mesi che collaboro con loro.

F: Buongiorno Edgardo, la prima cosa che vorrei chiederti è la seguente: Design Group Italia è una realtà affermata nel design internazionale, tutti conoscono i vostri prodotti di design industriale, ma in pochi sanno chi si cela dietro la sigla DGI. Ti va di raccontarci brevemente, chi siete, cosa fate e i vari dipartimenti presenti all’interno della vostra famiglia?

E: Design Group Italia nasce nel 1968 fondata da Marco del Corno e fin dalle sue origini ha avuto un’attitudine multidisciplinare. Inizialmente i settori principali erano il Packaging Design e la Brand Identity e successivamente il design del prodotto e il design di stand fieristici ed eventi.
Io sono arrivato in DGI nel 1986 con una formazione da Product Designer, o come si definiva allora “Industrial Designer” e già all’epoca lo studio era totalmente multidisciplinare e realizzava progetti per grandi aziende multinazionali in diversi settori merceologici.
Lo studio ancora oggi si basa su queste competenze, a cui si sono aggiunte negli anni le attività in ambito Experiential Spaces, Lighting, Digital e Service Design, esplorando nuove frontiere del design con un approccio innovatore.
In DGI affrontiamo spesso progetti che necessitano di una visione olistica per riuscire a creare valore per entrambi i nostri “clienti”: le aziende che ci commissionano il progetto e le persone che comprano gli oggetti o i servizi che queste aziende vendono.

F: 50 anni, direi proprio un ottimo traguardo, che ne dici di illustrarci le tappe fondamentali di questa avventura tutt’ora in progress.

E: A me non piace molto parlare della storia di Design Group Italia, quello che abbiamo voluto fare con l’evento di ieri, non era tanto celebrare il passato che può essere più o meno glorioso ma cercare di guardare al futuro, perché una realtà come la nostra, soprattutto in questo momento storico della cultura del design, è in continuo cambiamento, dunque mi piace più pensare a quello che sarà. La spinta della digitalizzazione sta cambiando la natura del nostro lavoro perchè ha rimesso tutto in discussione: le aziende si sono trovate “spiazzate” di fronte ad un cambiamento epocale che le sta trasformando dall’interno, nei processi, nella distribuzione, e anche nei prodotti stessi; se una volta l’azienda si preoccupava solo di produrre un prodotto e poi metterlo in commercio attraverso canali di distribuzione consolidati, ora un oggetto “connesso” obbliga le aziende ad immaginare nuovi prodotti e servizi e nuovi modelli di comunicazione e distribuzione. In questo contesto l’azienda ha la necessità di prendersi cura di una relazione più complessa e continua con l’utente finale e il progetto di questa nuova “relazione” diventa il fulcro delle attività future del design.

F: Lavorando per molte aziende internazionali come Panasonic, Beta, Blue Lagoon, Pepsi, Mentadent e Chicco (giusto per citarne alcuni), provenienti quindi da diverse parti del mondo, quali sono le differenze rispetto allo sviluppo delle idee in Europa piuttosto che in Asia o in America?

E: Il tema delle differenze culturali è estremamente importante, è impensabile che un prodotto possa andare bene in Europa come in Giappone o come negli Stati Uniti d’America. Per questo motivo un aspetto che abbiamo perseguito fin dall’inizio è stato di portare avanti un team non solo multidisciplinare ma anche multiculturale; al momento nello studio sono presenti 16 nazionalità e quasi la metà dei designer che lavorano con noi sono stranieri, questo in qualche modo ci aiuta ad affrontare tematiche culturali differenti da quella italiana. Mi viene in mente un progetto con un’importante azienda giapponese che aveva la necessità di realizzare una serie di elettrodomestici per cucina per il mercato europeo: una parte importante del nostro lavoro è stata guidarli in un percorso alla scoperta della cucina e della preparazione del cibo secondo le modalità in uso nei vari paesi europei, prima di affrontare il progetto dei vari elettrodomestici.

F: Come vedi i giovani designer, e che consiglio daresti loro?

E: La professione del designer è ancora in forte evoluzione e trova spazi di applicazione in ambiti sempre nuovi. Nonostante le scuole di design ne partoriscano davvero tanti il panorama delle aziende che hanno bisogno di designer è sempre in crescita. Il mindset che contraddistingue un buon designer è la capacità di essere concreti e visionari allo stesso tempo, per questo è necessaria una buona formazione tecnica e umanistica che le scuole italiane sono ancora in grado di offrire. Poi mettere le “persone” sempre al centro di ogni loro progetto con umiltà e rispetto.

F: Uno sguardo al futuro, come credi stia cambiando il design negli ultimi anni? Le linee guida dei Maestri rimarranno invariate oppure cambieranno, affiancando le nuove tecnologie?

E: Guardando ai Maestri, mi piace ricordare Castiglioni e la sua curiosità. Il modo in cui affrontava i progetti con ironia, con spontaneità e naturalezza dovrebbe far parte del bagaglio culturale di ogni designer, non bisogna essere “pesanti” ma vivere il progetto con divertimento e con quella passione che ci porta a scoprire e capire le cose in maniera più intensa e profonda. Le tecnologie sono uno strumento e lo sono sempre stato: sono un’opportunità, perché cambiano il modo in cui si fanno le cose e di come ci si relaziona con gli oggetti. Ovviamente bisogna conoscerle per poterle utilizzare al meglio.

F: Ti sentiresti di ringraziare qualcuno in questa occasione di festeggiamenti?

E: Sicuramente voglio ringraziare tutte le persone che hanno contribuito nell’avventura di Design Group Italia, ringrazio anche tutti i nostri clienti per aver reso i progetti realizzati in questi anni un patrimonio che adesso insieme ai soci e al gruppo abbiamo il compito di portare avanti.