Con oltre trent’anni di carriera alle spalle, Carlo Colombo è tra i protagonisti più autorevoli del panorama del design italiano, grazie alla sua cifra stilistica riconoscibile, capace di coniugare eleganza e funzionalità, artigianalità e innovazione. In questa intervista ci conduce dietro le quinte del suo processo creativo, dove ogni progetto nasce da un delicato bilanciamento tra visione personale e identità del brand. Dalla scelta dei materiali alla sfida di integrare la tecnologia senza perdere l’anima artigianale del prodotto, fino alla sua visione del design italiano nel mondo, uno sguardo lucido, appassionato e profondamente umano sul presente e sul futuro del settore.
DT – Le sue collezioni per brand iconici come Antonio Lupi, Talenti e Busnelli raccontano un’estetica raffinata e coerente. In che modo riesce a coniugare le diverse identità aziendali con la sua visione progettuale unitaria?
CC – Faccio questo mestiere da 35 anni e, in ogni progetto, cerco sempre di portare la mia esperienza, il mio modo di disegnare, la mia visione del design. Al contempo, ho un enorme rispetto per l’heritage di un brand e per tutto ciò che riguarda il marketing di prodotto. Oggi non c’è più spazio per l’autocelebrazione del designer, come avveniva in passato. Siamo in un mondo in continua evoluzione, fatto di tecnologia, di comunicazione, dove è impensabile che il designer inserisca in un progetto solo la sua personale visione. Per questo, ritengo che ogni collezione debba essere frutto di un lavoro congiunto e che la sfida oggi sia quella di ricercare le soluzioni migliori in un settore sempre più complicato.
DT – Nel suo lavoro emerge una profonda attenzione per materiali, dettagli ed eleganza. Qual è il significato contemporaneo di “lusso consapevole” secondo Carlo Colombo?
CC – Nasco in una famiglia di artigiani dove la manualità e la capacità di interpretare il pensiero sono strettamente legati all’utilizzo di materiali naturali, che io amo molto, come, ad esempio, la pietra, il legno, i metalli. Mio padre è un falegname e continua a lavorare tutt’oggi a 90 anni ancora con passione. Da lui ho assorbito l’amore per il legno, la sua bellezza, il profumo e la capacità di plasmare questo meraviglioso materiale.
Penso anche che l’attenzione minuziosa nella scelta dei materiali sia fondamentale per la buona riuscita di una collezione, sia in termini di estetica e funzionalità di un prodotto sia di esigenze dell’azienda che lo dovrà produrre. Non dimentichiamoci che oggi il prodotto è costituito da più elementi: la tecnologia, il lavoro del designer, la comunicazione, il marketing, le strategie commerciali, tutta una serie di tasselli che compongono questo meraviglioso puzzle. Bisogna esserne consapevoli e continuare a lavorare con grande entusiasmo ed energia, quello che faccio da sempre.
DT – In che misura artigianalità e tecnologia dialogano nei suoi progetti? Quali sfide comporta mantenere equilibrio tra tradizione e innovazione?
CC – Nei miei progetti c’è il giusto equilibrio tra questi due aspetti. Talvolta sembrano in contrapposizione, ma la tecnologia oggi è parte integrante del nostro lavoro, della vita quotidiana, non possiamo più farne a meno. E queste due anime devono saper convivere. Dobbiamo essere consapevoli che, nella fase di prototipazione, resta fondamentale la manualità e la capacità degli artigiani di dar vita a un prodotto partendo da un’idea embrionale e, successivamente, nella realizzazione, la tecnologia è per loro di grande aiuto. Oggi tutto quello che noi disegniamo viene lavorato dagli artigiani coadiuvati dalla tecnologia. Ci possiamo avvalere di stampanti 3D, che prima non avevamo, e che ci permettono in breve tempo di riuscire ad ottenere un manufatto pressoché identico al pensiero del designer e questo è un grande supporto. Quindi c’è sempre una combinazione tra artigianalità, manualità e tecnologia che spero continuerà a vivere anche in futuro.
DT – Alla luce della sua presenza internazionale e della collaborazione con brand del calibro di Giorgetti, Artemide, Flou, quali differenze percepisce nel modo in cui il design italiano viene recepito all’estero oggi?
CC – Il design italiano all’estero è sempre un must. Viaggio per sei mesi all’anno in tutto il mondo e posso assicurare che design, food e fashion sono i tre elementi che danno lustro all’Italia. La Design Week ne è una conferma con l’alta affluenza sia al polo fieristico sia in città, a dimostrazione dell’amore viscerale verso il design italiano.
DT – Se dovesse racchiudere la sua proposta per questa Design Week in un unico concetto guida, quale sarebbe e perché?
CC – Domanda che sembra difficile, ma in realtà non lo è. Rispondo a braccio con una sorta di manifesto culturale: “Italian design forever”!