In un’epoca in cui lo spazio è spesso pensato come contenitore, Luca Maria Lavezzi ci ricorda che è invece un’estensione del nostro essere. Ingegnere, architetto e unico consulente italiano riconosciuto dalla International Feng Shui Association, Lavezzi incarna un’idea contemporanea di progettazione che fonde saperi antichi e precisione tecnica. In questa intervista esclusiva per Design Tellers, ci racconta come il Feng Shui possa diventare uno strumento concreto di trasformazione degli ambienti e, indirettamente, di chi li abita. Una visione che non si limita allo stile, ma che si radica nel benessere, nella percezione e nella consapevolezza.

DT: La tua formazione unisce ingegneria, architettura e discipline olistiche. Qual è stato il momento in cui hai capito che il Feng Shui poteva diventare il centro del tuo lavoro?

LL: Non ricordo il momento esatto in cui ho sentito parlare per la prima volta di Feng Shui, ma ho ben chiaro quando ho scoperto che si trattava di qualcosa di concreto, studiabile, applicabile. È avvenuto dopo il mio percorso accademico, in modo spontaneo. In università si imparava a progettare seguendo categorie: la casa per la coppia, quella per il single, per l’anziano… tutto ruotava attorno a tipologie statiche. Il Feng Shui invece mi ha offerto una lettura più fluida e profonda: ogni progetto inizia dalla persona, dalla sua storia, dai suoi obiettivi. È stato proprio quel passaggio – dalla funzione alla relazione – che mi ha spinto a farne il fulcro del mio lavoro. Progettare diventa così un atto di ascolto, non solo tecnico ma anche umano.

DT: Parli spesso di “energia invisibile” degli spazi. Cosa significa concretamente quando si progetta una casa, uno studio, un luogo pubblico? Ci puoi raccontare un esempio pratico?

LL: Nel Feng Shui si parla del flusso del Qi: un’energia sottile e vibrante che entra nello spazio attraverso la porta d’ingresso – chiamata anche “bocca del Qi” – e si diffonde in ogni ambiente. Ogni angolo della casa è come una parte del nostro corpo. Se trascuriamo una stanza, è come se trascurassimo un arto, un organo, una funzione, un aspetto della nostra vita, un’area della nostra esistenza. Nella mia esperienza ho visto ambienti in cui l’energia sembrava ferma, quasi bloccata. Bastano piccoli interventi, a volte solo una riorganizzazione, per ristabilire un flusso armonico. Quando lo spazio torna a respirare, chi lo abita se ne accorge. Non è magia, è relazione tra corpo e ambiente.

Il Luo Pan, tradizionale bussola Feng Shui, viene posizionato sulla pianta architettonica per analizzare l’orientamento e il flusso energetico della casa.

DT: Oltre al Feng Shui, ti sei formato in BaZi, Geobiologia, Radiestesia e Reiki. Un approccio così ampio ti rende quasi una figura “ibrida”. Cosa rispondi a chi ti chiede se oggi sia più importante conoscere l’energia degli ambienti o quella delle persone?

LL: Per me è impossibile separare le due cose. Lavoro sull’ambiente, e lo faccio per migliorare il benessere della persona. Il Feng Shui è il punto di partenza, ma si integra con altre discipline. Il BaZi, ad esempio, è l’astrologia energetica cinese: mi permette di individuare i momenti migliori per agire, per traslocare, per avviare un cambiamento. La Geobiologia invece analizza i fattori ambientali invisibili, che possono interferire con l’armonia di un luogo. Il Reiki e la Radiestesia sono strumenti che ho approfondito per accrescere la mia percezione, per allenare un ascolto più sottile. L’ambiente parla della persona, e la persona reagisce all’ambiente. Il mio lavoro è creare un ponte tra questi due mondi.

DT: Di recente una mia ex professoressa, Master Reiki, mi ha ricordato – attraverso la numerologia – chi sono e a cosa sono destinato. Anche tu hai approfondito questa disciplina: ti capita di usarla nei tuoi progetti? Che legame vedi tra numeri, persone e spazi?

LL: Non uso la numerologia nei miei progetti in senso stretto, ma i numeri nel Feng Shui sono fondamentali. Esistono nove archetipi numerici, ciascuno connesso a un’energia specifica, a una direzione, a un aspetto della vita. Il numero 1, per esempio, è legato all’elemento Acqua, al Nord, agli istinti, ai viaggi, alla nascita. Anche senza farne una lettura esoterica, è interessante vedere come i numeri si riflettano nella progettazione e nella disposizione degli spazi. Ogni numero ha un suo peso simbolico, energetico e persino pratico. Credo che il numero, come l’ambiente, possa essere una chiave di lettura per comprendere meglio anche noi stessi.

DT: Nel tuo blog scrivi che “il futuro è ancora da scrivere”. Come immagini lo spazio abitativo del futuro? Quali valori, quali sensazioni, quali bisogni saranno centrali?

LL: Mi auguro che il futuro dell’abitare metta al centro la persona. Oggi siamo costantemente spinti verso razionalità ed efficienza, ma dimentichiamo che l’essere umano è anche istinto, emozione, bisogno di armonia. Il Feng Shui non è uno stile – non segue una corrente estetica – ma si adatta a ogni epoca e cultura perché parte dall’individuo. Che si tratti di un grattacielo contemporaneo o di edifici costruiti in passato, i principi restano validi. Per questo credo che il futuro debba recuperare un contatto più profondo con la nostra natura. Costruire bene non significa solo usare buoni materiali, ma creare spazi che risuonino con chi li vive. Solo così lo spazio può diventare realmente nostro. Il Feng Shui si applica anche alla città: qui il Luo Pan è rivolto verso Hong Kong per studiare l’energia del paesaggio urbano.

DT: Sei parte di una rete internazionale e collabori con associazioni e accademie. In che modo il Feng Shui oggi si muove come un vero e proprio movimento globale? C’è un cambiamento culturale in atto che stiamo sottovalutando?

LL: In parte è ancora sottovalutato, ma spero che avverrà un cambiamento. Io sono il primo e unico consulente italiano riconosciuto dalla International Feng Shui Association di Singapore – un’associazione nata vent’anni fa, che include membri di spicco a livello mondiale. Questo non significa che non esistano altri professionisti in Italia, ma che da noi il Feng Shui è ancora poco compreso e spesso mal raccontato. All’estero, in paesi come la Cina, gli Stati Uniti, la Cambogia, il consulente Feng Shui è una figura riconosciuta e valorizzata. Qui, invece, circolano molti luoghi comuni. Per questo sento il dovere di divulgare questa disciplina in modo autentico, senza trasformarla in un prodotto commerciale o in un’operazione di marketing. Il Feng Shui è già completo, non ha bisogno di essere reinventato. Ha bisogno solo di essere raccontato con rispetto.

L’intervista a Luca Maria Lavezzi è un invito a cambiare prospettiva. A guardare lo spazio non solo con gli occhi dell’estetica, ma con quelli della relazione. In un momento storico in cui il design rischia di diventare pura superficie, il suo approccio ci riporta all’essenza: abitare è un atto profondo, e ogni ambiente può essere una forma di cura. In un mondo in continua trasformazione, forse il futuro dell’architettura sta proprio qui: nel mettere la persona al centro, dentro e oltre lo spazio.

Photo Courtesy ©Luca Maria Lavezzi – Feng Shui & Architettura


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