Alla Triennale di Milano un viaggio dentro la creatività libera di un progettista che ha sempre sfidato le regole, tra oggetti, parole e visioni.
Si può progettare senza cercare stabilità? Si può costruire qualcosa senza la certezza di un risultato definitivo? Franco Raggi ha passato tutta la vita a dimostrarlo. La sua è una ricerca continua, uno sconfinamento perpetuo, un progetto che non si chiude mai.
Alla Triennale di Milano, fino al 13 aprile 2025, la mostra Pensieri Instabili prova a raccontarlo, senza ingabbiarlo in una cronologia o in un percorso lineare. Non è una semplice retrospettiva, ma un accampamento del pensiero, un campo base per esplorare la sua visione.
Non c’è un filo logico da seguire, se non quello della libertà. Un allestimento “spericolato e sartoriale”, che gioca con lo spazio e con il tempo, che suggerisce più che spiegare. Non una celebrazione, ma una pausa, una sospensione. Un luogo in cui smettere di cercare per trovare qualcosa di inaspettato.
Un progetto che è un atto evocativo, un atto speculativo, un atto di pensiero.

Delfino Sisto Legnani – DSL Studio © Triennale Milano

Un accampamento di idee

L’allestimento, curato da Studio Piovenefabi, è costruito come un accampamento tematico attorno alla Tenda Rossa, che domina lo spazio come un totem della precarietà creativa. Una struttura che è al tempo stesso monumento e paradosso, un oggetto instabile che gioca con i riferimenti storici e con l’idea stessa di permanenza.
Si entra da una roulotte, si attraversa una tenda di cotone blu, e ci si immerge in una selezione di oggetti che non è esaustiva, ma efficace. Una sintesi perfetta dell’eclettismo di Raggi, della sua attitudine trasversale, del suo modo di pensare per digrassioni e sgambetti.
Ci sono le sue lampade più celebri, come la Flute per FontanaArte, in cui la luce sembra sospesa nel vuoto, e la Velo, in cui tutto è ridotto all’essenza. Oggetti che sfuggono alla loro stessa funzione, diventando atti di pensiero più che soluzioni formali.
E poi ci sono le scarpe vincolanti, ciabatte in ceramica che sono quasi uno scherzo – ma non lo sono. Perché il gioco, per Raggi, è cosa seria. Non è leggerezza fine a sé stessa, ma un sistema per sovvertire regole, creare cortocircuiti, aprire possibilità. Il gioco non è lo scherzo: è tensione, scoperta, possibilità di trovare ciò che non stavi cercando.

“Le case della Triennale”
Allestimento delle Scatole in lamiera zincata, 1983
Triennale Milano – Archivi ©Miro Zagnoli 

La Tenda rossa dell’architettura
tessuti dipinti e cuciti a mano, 1975
Courtesy ©FRAC Centre-Val de Loire Collection, Orléans

La trasgressione come metodo

Lea Vergine definiva Franco Raggi “mite e solforoso”, e mai definizione fu più azzeccata. Mite nella sua ironia, solforoso nella sua capacità di sovvertire senza alzare la voce.
La sua opera è trasgressione sottile, un continuo spostamento dei limiti, un’irregolarità che non cerca di scandalizzare ma di scardinare. Un design che non segue una logica ortodossa, che rifiuta le gabbie e le etichette.
Lo si vede nei suoi scritti, nelle sue collaborazioni con Modo e Casabella, nei suoi allestimenti che non illustrano, ma suggeriscono. Il piacere del non senso che diventa un senso nuovo, una prospettiva ribaltata, un’ironia che è sempre affilata, mai compiacente.

Un atlante dell’utopia

Alla fine della mostra, ci si accorge che Pensieri Instabili non è solo una raccolta di oggetti, ma una mappa del possibile. Un atlante dell’utopia, nel senso più alto del termine: una tensione verso qualcosa, un percorso aperto, uno spazio di eccezione.
Franco Raggi non ha mai progettato oggetti, ma ha sempre progettato idee. Ogni cosa che ha disegnato è un invito al dubbio, uno stimolo all’ironia, una domanda lasciata aperta.
Ed è questa, forse, la sua più grande lezione: il design che resiste non è quello che offre soluzioni, ma quello che apre possibilità. E Franco Raggi, con il suo sguardo nomade e ribelle, lo ha sempre saputo.

Cover credits: Delfino Sisto Legnani – DSL Studio © Triennale Milano