Nell’angolo del lusso inizia una nuova serie di storie dedicate ad aziende particolari definite sartorie del lusso.

Il lusso non è solo lo scintillare dell’oro o la luce riflessa di un cristallo, scegliere il miglior brand o pezzo di design: è anche questo, ma non solo. Il lusso, come qualsiasi bene prezioso e difficile, deve provocare sentimenti forti; il progetto deve raccontare una storia, la storia del designer e la storia delle persone che abiteranno in quello spazio progettato.

Il vero lusso sono lo spazio e il tempo che puoi dedicare a te stesso e ti permettono di raggiungere un benessere anche interiore. È l’equilibrio tra la cultura, la tradizione, i materiali ed i colori del luogo in cui si progetta e ciò che s’inserisce all’interno della casa, è poter mixare architettura con arte, moda e design creando armonia ed emozioni.

Lusso è soprattutto classe ed eleganza.

Il lusso è stato il punto d’arrivo per Adriana, ma il suo lungo percorso è iniziato diversi anni fa, da lontano e seguendo strade diverse.

Adriana Lohmann è una cittadina brasiliana, ma diventata italiana per tempo e merito: è arrivata in Italia nel 1989, chiamata a fare la fotomodella da una nota agenzia milanese. Nata a Porto Alegre dove ha vissuto come bambina a piedi nudi, ribelle e selvaggia, si trasferisce a San Paolo per trasformarsi in atleta e laurearsi all’Isef e fare le prime esperienze come modella, che la introducono nella moda, mondo dell’abito che sarà il preludio al suo futuro immerso nelle tematiche dell’abitare.

Nella “Milano da bere” di quegli anni, Adriana che è astemia, resta circa tre anni: lavorare nel mondo della moda la costringe a vivere una vita con una qualità che non la soddisfa e quando si presenta l’occasione di andare a vivere in una cascina, lascia tutto e inizia questa nuova esperienza. In questo luogo fuori Milano, dove attraverso laboratori vari si fa volontariato per l’Africa, Adriana sceglie la falegnameria dove si lavora basandosi sul riciclo; dal mondo fashion si è portata con sé la conoscenza degli stili, delle tendenze e delle tecniche sartoriali e decorative, mentre nella cascina, grazie alla biblioteca dove vengono raccolti libri e riviste recuperati da traslochi e discariche, inizia a studiare storia dell’arte, progettazione e restauro del mobile, pittura su tessuto, tecniche artigianali, mosaico e Feng Shui. Vi rimane per sei anni, dove impara a creare con le sue mani e, attraverso gli innumerevoli problemi umani che la circondano, cresce interiormente; poi il cambiamento, fare il salto e lasciare la falegnameria, porta una crisi ad Adriana, ma al tempo stesso l’avvia verso una nuova esperienza con un nuovo materiale. Inizia ad utilizzare la canapa ed il lino dei corredi come tele su cui dipingere, trasformandole in quadri da proporre a gallerie d’arte e vendere in negozi. Grazie alla sua intraprendenza trova un canale da seguire per realizzare le prime mostre, anche con successo, ma con difficoltà di vendere perché troppo in anticipo sui tempi.

Sempre in movimento, Adriana si butta allora su altri materiali come molle di materassi, bottiglie rotte legate con fili d’avvolgimento dei motori e da questi intrecci escono le prime sculture luminose; con queste creazioni bussa alla porta di Elio Fiorucci che apprezza le sue lampade e le dà la possibilità di appenderle al soffitto del suo negozio di via Vittorio Emanuele a Milano. È circa il 1991/92 e da quel momento, con l’apertura della partita IVA, inizierà passo dopo passo la trasformazione di Adriana artista e artigiana in artista e manager.

Si propone in altri negozi soprattutto di arredamento, adattando il suo gusto alla tipologia dei prodotti venduti e creando anche lampade tribali, orientali ed etniche, scherzose e a volte provocatorie senza puntare su una propria linea artistica.

Arriva il successo ed incomincia ad essere contattata anche per noleggi, per set fotografici dove affiancare le sue opere ai prodotti da inserire in cataloghi e riviste d’arredamento, per gli allestimenti di stand del salone del mobile di Milano in collaborazione con architetti.

Trova posto in negozi e show room d’arredamento, come Spazio PIT 21, riprendendo a realizzare anche mobili scultura su richiesta di clienti che vogliono pezzi restaurati; grazie al Salone del mobile, Adriana s’infila nel canale degli stand creando lampadari come pezzi unici, diversi e in sintonia con l’immagine dell’azienda di arredamento dello stand in cui vengono inseriti. Prototipi ideati e realizzati dalla mente e dalle mani di Adriana che in seguito diventano delle serie e si moltiplicano in famiglie.

Alcune aziende d’illuminazione cominciano a copiare di questi pezzi le mescole, i materiali, le forme e lo stile e questo fatto spinge Adriana a creare insieme al marito Alberto, che la supporta nella parte commerciale, il marchio Adriana Lohmann Light Design ed a partecipare all’Euroluce con il primo stand proprio.

Da lì l’azienda di Adriana, sartoria della luce che crea lampadari che illuminano anche quando sono spenti, inizia a svilupparsi grazie alla richiesta di persone che vedono le sue creazioni fotografate su cataloghi di arredi e, comprando i mobili richiedono le sue lampade. Poi le richieste non arrivano più solo da privati, ma anche dal settore pubblico come negozi e hotel, non solo in Italia e soprattutto nell’ambiente del lusso è nascono collaborazioni con importanti architetti.

Per le sue creazioni decorative, pensate come gioielli per la casa, Adriana usa la plastica, il metacrilato, il vetro di Murano, i cristalli, il ferro, l’ottone e l’acciaio; nel suo laboratorio nascono pezzi esclusivi, a volte strani e in antitesi con tante aziende italiane dell’illuminazione che fabbricano in Cina.

Adriana è l’artista del riciclo, made in Italy, hand made vero realizzato con tecniche artigianali: crea luci su misura per il lusso, pezzi unici a tiratura limitata, sorgenti luminose che creano luce emozionale, luce come energia positiva.

Per produrre i suoi pezzi impiega anche giorni per il primo esemplare, poi i tempi si riducono con il suo team di collaboratori di fiducia: ama velocizzare.

Nello svariato mondo di luce di Adriana restano ben determinate due cose: la parola chiave che  è “armonia” ed il focus che è creare pezzi che vivano in sintonia con lo spazio in cui vengono collocati, facendo star bene ed emozionando le persone che li abitano e che la luce che ne scaturisce entri nei loro cuori.

Tre anni fa La Murrina chiede ad Adriana di realizzare uno chandelier decorativo e modulare da presentare ad Euroluce: nasce “Belle Èpoque” ispirato a quel periodo storico, che si compone grazie a moduli quadrati e rettangolari in vetro, uniti da bracciali in metallo martellato, come gioielli.

Per l’ultimo Euroluce è invece Krea design a chiedere la collaborazione di Adriana Lohmann e nascono “Arabesque” e “Flower power”, petali translucenti in Mylar con forme nuove ed una storia da raccontare.

In Adriana si delineano due profili: designer ed artista. Adriana designer si adatta alle richieste del cliente per soddisfarlo, per stare nel suo stile; Adriana artista lascia uscire istintivamente e con impeto le sue idee per soddisfare se stessa. Nelle creazioni artistiche che nascono solo dalla sua mente e dalla sua pancia, esce la parte brasiliana, istintiva, spontanea, libera, naturale, creativa e curiosa. La parte concettuale e mistica è radicata in lei grazie al suo nascere e crescere i primi anni in Brasile, che le imprimono un’altra caratteristica: non avere preconcetti.

Nelle creazioni prodotte dalla designer Adriana è il 90% della parte italiana a prendere il sopravvento: la praticità, la manualità imparata grazie a tutta l’esperienza acquisita da autodidatta leggendo e studiando, frequentando laboratori e botteghe, osservando l’artigiano e l’operaio che lavora, imparando le tecniche e usando le proprie mani per riprodurle nelle sue opere poi. Altro aspetto di questo profilo, è la parte pratica, organizzativa e manageriale che nasce dall’arte del sopravvivere imparata in Italia, quell’Italia che ama e in cui spera di continuare a vivere per tutta la vita: vicino a Milano, ma a contatto con la natura per lei assai importante, come ora che vive e lavora a Limido Comasco e passa i mesi estivi al mare, vicino a Sestri Levante.

Adriana non ama alla follia Milano, ma non la cambierebbe con nessun’altra città: qui ha imparato a parlare ovunque e in qualsiasi momento di lavoro, a capire il dialetto di cui le piacciono le parole “biott” e “muccala”, a mangiare dopo una prima titubanza, nonostante potesse essere simile a un cibo brasiliano, la “cassoula”, ad esplorare i meravigliosi cortili nascosti del centro.

In Liguria invece ritrova il suo elemento preferito: l’acqua affascinante e incoerente, che per Adriana è tutto.

Secondo la magia brasiliana, Adriana è figlia dell’acqua, protetta dal fiume e dal mare.