Tre sono gli elementi chiave della storia della fotografia: uomo, realtà e macchina fotografica.
Ai suoi albori, la macchina fotografica ha scardinato la realizzazione pittorica, imponendosi come mezzo per ritrarre la realtà e scalzando il pittore dal suo ruolo di disegnatore del vero. Con la prima fotografia della storia, “Veduta della finestra di Le Gras” di Joseph Niépce, l’uomo cattura per la prima volta un’immagine reale su un supporto rigido. L’abbiamo studiato tutti, è la scintilla che ha dato inizio all’impressionismo. Ma questo è stato solo il primo di diversi cambiamenti di paradigma.
Dagli anni Venti del Novecento la fotografia non è più solo una mera riproduttrice di realtà. Grazie all’utilizzo di tecniche come collage, fotomontaggi e solarizzazioni prima e software di post-produzione poi, il surrealismo si è fatto strada negli scatti dei fotografi, cambiando gli equilibri nel rapporto fra uomo, realtà e fotografia. Ha piegato la realtà all’uomo.




Oggi è in atto un cambiamento molto più profondo, che non cambia solo i rapporti fra uomo, realtà e fotografia, ma cambia anche gli elementi in gioco nel paradigma fotografico. La fotografia sta diventando uno strumento per la rappresentazione della non-realtà, giungendo ad essere l’esatto opposto di ciò per cui era nata. La realtà non è più uno dei cardini di questo rapporto, e anche il mezzo, la macchina fotografica, non è più scontato. Quando ci imbattiamo in una foto sui social siamo sicuri che l’immagine che vediamo derivi dallo scatto di un obiettivo? No, non possiamo esserlo, perché oggi esiste L’intelligenza Artificiale che ritrae, anzi crea, pezzi di non realtà.
Quello che sta cambiando è il concetto stesso di fotografia. Nell’aprile del 2023 il fotografo Boris Eldagsen ha attirato le critiche del mondo fotografico conquistando il primo posto nella categoria Creative Open al Sony World Photography Awards della World Photography Organization con un’immagine, “The Electrician”, realizzata con l’Intelligenza Artificiale. Ha poi rifiutato il premio, dichiarando di aver partecipato alla gara con una fotografia generata dall’AI proprio per stimolare la discussione sulle possibilità e rischi connessi alla fotografia creata con generatori. Al pari di quanto successe con gli impressionisti questa scintilla non si può spegnere né contestare. Una nuova tipologia di fotografia è nata e non è più frutto della luce catturata dall’otturatore usato da un essere umano.




Non sarebbe comunque vero dire che queste opere non derivino dalla realtà, che può essere considerata una lontana parente della fotografia generata da AI. I modelli di intelligenza artificiale vengono infatti “allenati” su grandi quantità di dati, in questo caso immagini, attraverso cui essa “impara” come realizzare una fotografia. Le fotografie che sono state utilizzato come foraggio per l’allenamento dell’AI sono derivate dalla realtà ma vengono utilizzate solo come base per la creazione di nuove opere che non hanno nulla a che fare con essa, basti pensare alla recente foto del papa vestito con un sontuoso piumino bianco che ha fatto il giro del mondo prima di essere smascherata nella sua falsità.
Per la stessa motivazione è molto controverso definire chi sia il creatore di queste immagini. L’uomo è l’autore delle fotografie utilizzate per allenarla e da cui essa trae le sue creazioni, ma non ne è il creatore ultimo. Il rapporto che definisce oggi come nasce la fotografia forse ha quattro diversi elementi, non più tre: creatore umano, creatore non umano, realtà e non-realtà. È cambiato di nuovo il paradigma. Ciò che è certo è che l’AI è una creazione umana tanto quanto lo è la tecnologia alla base della fotografia. È curioso che in un’epoca di forti negazioni, in cui è talvolta più facile urlare cosa non siamo invece che ciò in cui ci identifichiamo, la nostra cultura abbia prodotto uno strumento tanto controversamente capace di dare forma alla non-realtà. È l’espressione dell’epoca delle negazioni.