Viviamo un’epoca di risorgimento del passato, di tutto ciò che è “vintage”. Non solo nella ricerca di vestiti e stili ma anche nella realizzazione fotografica. Le app che permettono di applicare filtri simil-analogici non si contano e le vecchie macchine fotografiche di nonni e genitori vengono riesumate dalle soffitte e rimesse in uso per ottenere quegli stessi colori delle foto realizzate con pellicola.
Perché cerchiamo di allontanarci dal nostro presente? Le spiegazioni possibili sono molteplici. In un’epoca in cui persino i telefoni possono realizzare fotografie di altissima qualità a cui nessun dettaglio ma anche nessun difetto sfugge, cerchiamo di tornare ad un mondo dai toni più soffusi e dalle luci più inclini a perdonare qualche imperfezione.
Forse la fotografia analogica ci trasmette anche un elemento di romantica nostalgia per un passato diverso dal nostro. Analogico è il contrario di digitale, dunque si pone in netta contrapposizione con tutto ciò che è figlio di bit e programmazione. Le foto analogiche di una volta ci danno la certezza che quelle persone ritratte da colori desaturati e illuminate da luci calde non possedessero smartphones e non sapessero nemmeno cosa fossero i social media. In poche parole, tramite la fotografia analogica, vogliamo avvicinarci a un passato vissuto da individui che forse inconsciamente pensiamo possano aver avuto una vita simile alla nostra ma più autentica, lontana dalla finzione dei social. Infatti non si ricerca unicamente la resa artistica della fotografia analogica, motivazione per cui gli effetti vintage hanno avuto meno fortuna dei veri e propri strumenti, come la fotocamera analogica, per realizzare fotografie di quel tipo. Si ricerca l’esperienza della realizzazione analogica, in tutte le sue caratteristiche: unicità dello scatto, limitazioni numeriche date dal rullino, impossibilità di verificare subito il risultato.
Proprio per questo, quando passiamo all’analogico imitiamo anche le modalità in cui le foto analogiche venivano realizzate anni fa, scattiamo in maniera più semplice, ritraiamo momenti di condivisione con amici senza preoccuparci dei dettagli. Capelli arruffati e profili sbagliati non contano mentre realizziamo una fotografia istantanea con una polaroid, pensiamo solo a catturare il momento autentico che stiamo vivendo.
La fotografia analogica per noi è sinonimo del passato dei nostri cari perché loro lo hanno impresso sui rullini, è ponte univoco fra noi e quel tempo andato. Non c’erano pose costruite e location studiate ad hoc ma solo persone semplici davanti a un obiettivo. Persone non ancora abituate a ragionare sull’”instagrammabilità” di uno scatto. La macchina analogica diventa un modo per liberarci da alcune delle regole dei social media, finalmente possiamo essere un po’ più noi stessi. Non scatteremmo la stessa foto con il nostro iPhone. Abbiamo adottato la grammatica analogica e l’abbiamo inserita nel digitale, pubblicando quelle foto così diverse da quelle a cui siamo abituati, sui social.
Non solo le modalità di realizzazione della fotografia cambiano tramite il mezzo fotografico ma anche i soggetti che scegliamo di ritrarre. La ricerca della perfezione appartiene all’immaginario dei social, dove l’imperfetto viene lasciato da parte. Con la fotografia analogica scegliamo soggetti più spontanei, momenti non programmati. La fotografia istantanea stessa con il suo nome ci riporta a questo, riporta la fotografia a questo: un mezzo con cui catturare un momento spontaneo presente e non un mezzo con cui raccogliere una porzione di realtà che abbiamo adeguatamente preparato, nello spot perfetto che abbiamo ricercato.