Sono passati più di due anni da quando le parole “Pandemia”, “Lockdown”, “Covid19” o “smart working” sono entrate a far parte del nostro lessico quotidiano.
Se penso a quel periodo mi sembra già un ricordo lontanissimo. Probabilmente perché tendo a chiudere dentro un cassetto tutte le cose negative che mi accadono, quasi a dimenticarle o semplicemente a inglobarle nella mia normalità.
È un po’ quello che tutti abbiamo cercato di fare negli ultimi due anni: pensare che da quel momento quella sarebbe stata la nostra nuova quotidianità e quindi abbiamo cercato di recepire il cambiamento esorcizzando le nostre paure.
Nella mia professione la visione di questo mutamento, che si è configurata come “nuovi modi dell’abitare”, è stata colta da molti come una vera e propria sfida a rivalutare i canoni funzionali e spaziali della casa.

Uno dei progetti più interessanti in cui mi sono imbattuta in quel periodo è stato POSThome2020.  Si trattava di un’abitazione realizzata da ​Claudia Campone​, (a capo dello studio di progettazione ​ThirtyOne Design + Management), che restituiva dentro lo spazio domestico tutte le ​soluzioni sicure e agevoli per l’individuo durante il periodo della pandemia.
Il progetto, inaugurato nel novembre 2020, nasceva da una ricerca accurata dei bisogni legati al nuovo concetto di normalità. Sito a Milano, in zona città studi e precisamente in via Teodosio 15, l’appartamento di circa 50 mq è stato in grado di reinterpretare in modo fluido le funzioni dell’abitare attraverso un design contemporaneo che coinvolgeva aziende e artigiani.

Ma cosa succede quando questi spazi pensati due anni fa in piena pandemia, con un concept sicuramente innovativo ma evidentemente poco inclusivo, adesso risultano essere l’eco lontano di un periodo superato? Io credo che le nostre case e i nostri spazi debbano “saper cambiare le loro abitudini” come ognuno di noi.
E POSThome lo ha fatto con POSThome 2022. Dopotutto in questi due anni è cambiato anche il modo di intendere il design: si è passati infatti dal design dell’isolamento e della distanza fino a parlare sempre più di prossimità.
Oggi più che mai abbiamo necessità di sentirci inclusi e inclusivi, di ripristinare come priorità le relazioni e le connessioni anche dentro le nostre case e i nostri spazi, che per troppo tempo sono stati la nostra trincea.

POSThome 2022 è un luogo dedicato all’ospitalità e alla creatività che si reinventa come residenza d’artista con una riflessione sulla sostenibilitàcircolarità.

All’interno dell’appartamento emerge subito l’interscambio fra numerosi partner internazionali che genera un’atmosfera piena di contrasti in grado di restituire un ambiente ricco di cultura e design.
L’appartamento diventa un progetto di urban residency che a cadenza trimestrale ospita un guest designer per realizzare un’opera su un’intera parete bianca della casa.
Il progetto si articola in differenti spazi funzionali: dal vestibolo d’ingresso si arriva al volume centrale della casa, uno spazio fluido senza pareti divisorie per una maggiore diffusione della luce; di fronte al living si apre la zona notte che si collega ad un’area dedicata al lavoro in cui lo smart-working rientra in un più ampio contesto di smart-living.

Durante la MDW2022 POSThome2022 ha studiato nuove modalità di riutilizzo dei rifiuti plastici in un’ottica di progettazione sempre più green unita al lato creativo del design contemporaneo; ha inoltre ospitato installazioni di artisti per aprire sempre più le porte a contaminazioni positive da tutto il mondo.

Incluse nel progetto sono anche le opere di Bea Roggero Fossati. L’artista installa dentro POSThome2022 la sua opera Liquid/Static che ha come focus la riflessione sulla complessità dei sistemi naturali, dai microorganismi alle immense distanze del cosmo.

© Anna Benedetto

Claudia Campone in una delle puntate del suo talk #Postvoice (che vi invito a seguire al seguente link https://www.youtube.com/watch?v=J_Gbqa_Vy7s.&feature=youtu.be) cita il modello tradizionale del condominio come spazio condiviso. Fa riferimento a come sia stata sempre intrinseca la volontà del cittadino milanese (e non) di vivere lo spazio che viene chiamato “già e non ancora”: già esterno e pubblico, ma non ancora del tutto condiviso.

La designer spiega come il quartiere dove POSThome è nato (città studi) sia luogo identificativo e fulcro centrale di reciprocità, crocevia di relazioni e connessioni tra giovani e studenti. L’identità di città-studi si radica e si rinnova con progetti come questo.
Accanto a PostHome ci sono altri tre luoghi culturali con cui il privato e la comunità del quartiere tutta si interfacciano: lo spazio Tadini, la casa-museo Boschi e la casa-museo-studio di Massimo De Carlo, che si inseriscono in questa mission pubblica e sociale di condivisione e circolarità.

La scelta di voler trattare l’argomento della nuova proposta di casa post pandemia è, a mio avviso, estremamente innovativa e unica nel suo genere.
Se ci pensiamo un attimo, il fatto di dovere ripristinare alcuni accorgimenti spaziali e funzionali dopo il Covid non è semplicemente un tornare a come vivevamo prima.
Questo periodo storico ci ha cambiati tutti indubbiamente: se vogliamo proprio pensare che esso sia passato dobbiamo anche accettare che nessuno di noi è più quello di due anni fa. E non possono neanche esserlo le nostre case; non possiamo pensare di guardare indietro e continuare “da dove ci eravamo lasciati” nel marzo del 2020.
L’evoluzione è lineare, biologicamente e temporalmente; noi esseri umani abbiamo due anni in più e anche i luoghi in cui viviamo.

L’idea di poter pensare a un ulteriore mutamento degli spazi, possiamo chiamarlo un “POST-POSThome”, che viaggi parallelamente alla nostra crescita e alle nostre esigenze mi affascina molto ed è un tema che declinerei a tutti i progetti di architettura e design.  

PROJECT: POSThome2022 by Thirtyone Design + Management www.thirtyonedesign.it
Photo credits: © Valentina Sommariva www.valentinasommariva.com