Less is more”, usava dire Ludwig Mies van der Rohe. “Less is a Bore” rispose invece Robert Venturi. E nello scorso periodo di quarantena, tutti chiusi in casa, ci siamo accorti bene di come la mancanza di stimoli nelle nostre abitazioni fosse pesante da sopportare, al punto di adottare soluzioni come quella proposta dallo Studio Sovrappensiero.
Una reale soluzione però la si trova forse ben più indietro nel tempo, guardando ad una delle creatrici dell’interior design per come lo conosciamo oggi: Dorothy Draper.

Dorothy Draper nacque nel 1889 a Tuxedo Park, comunità molto privilegiata nello stato di New York. Ciò le permise di sviluppare il suo interesse per il design d’interni e, contemporaneamente, di procurarsi quelle conoscenze che le permetteranno di ricevere i primi incarichi e di fondare nel 1925 la prima compagnia al mondo di interior design, la “Architectural Clearing House”, rinominata poi 1929 con il nome con il quale è conosciuta ancora oggi, la “Dorothy Draper & Co.”
Il suo stile esuberante la portò a distanziarsi molto dai minimalisti, con i quali era in netta opposizione, ed a creare uno stile nuovo e più colorato, il Barocco Moderno.
Dalla sua vita, dai suoi lavori, e dal suo libro più famoso, “Decorating is Fun!: How to Be Your Own Decorator”, si può intuire molto sul come ottenere un ambiente “felice”.

“L’Era del Grigio è finita”

Fervente sostenitrice del dominio dei colori vivaci sui troppo abusati colori spenti quali grigio e beige, Dorothy Draper adoperava colori quali il viola, il verde, il turchese o il suo amatissimo rosa, in genere accompagnati a bianco o nero, applicandoli a tutto, dappertutto e in tutte le forme. Secondo la celebre designer infatti, il colore dona felicità. Quindi non temetelo!

“Credo nel fare ciò che senti sia giusto. Se ti sembra giusto, è giusto”

Dorothy Draper, non avendo un’istruzione formale, non aveva neppure uno stile, o meglio, usava tutti gli stili come meglio credeva. Se, infatti, il minimalismo si muoveva su monocromia e semplicità di forme, lei giocava con policromia e polimorfia, creando abbinamenti tanto arditi quanto eleganti. Facile infatti ritrovare nei suoi lavori elementi barocchi, abbinati a più moderne righe e geometrie, senza dimenticare i suoi amati fiori, soprattutto la rosa centifolia, specie se su del bel chintz. Insomma, tutto può andar bene con tutto, se si usa il buongusto. Fu tutto questo a creare il così detto “Draper Touch”

“Troppo di qualunque cosa è l’inizio del caos”

Va bene il distanziarsi dal minimalismo, il voler decorare e creare uno spazio proprio, comodo e felice, ma attenzione all’ordine! La libertà creativa non è da confondersi con il posso-mettere-quello-che-voglio, ma anzi implica una responsabilità maggiore. Per poter usare qualunque accessorio ci vuole cura ed attenzione al dettaglio, e soprattutto, lo ripeto, molto buongusto.

“[Gli uccelli] non si copiano l’un l’altro – o costruiscono i loro nidi come descritto nel The Birds’ Decorating Magazine.

Già, il copiare in maniera cieca non era visto proprio bene dalla Draper, anzi. Nell’approccio al design era infatti solita considerare anche il futuro utilizzo del luogo, che fosse una casa privata o un hotel (come alcuni dei suoi lavori più famosi, come il Fairmont Hotel o il Greenbrier). Faceva attenzione persino a che tipo di stanza fosse, cercando, per esempio, di creare ambienti più intimi e personali nelle camere da letto, più gioiosi ed esuberanti nelle sale da pranzo. E sempre originalissimi.

“Gli specchi sono ora molto più che semplici ‘vetri in cui specchiarsi’. Sono parte dello schema decorativo di una casa. Usandoli, non ci sono più angoli scuri, tetri, e sale grigiastre come caverne. Ci può essere la sensazione di libertà, luce, aria, spazio.”

La Draper lavorava principalmente in spazi ampi, questo è vero, ma la moltitudine di elementi da lei utilizzati avrebbe dovuto in teoria creare ambienti occlusi. Ed invece la sensazione che trasmettono è sempre di enorme apertura. Utilizzava infatti, oltre ad un sapiente uso dei colori, un piccolo trucco del mestiere: Gli specchi. Anche specchi enormi. Questo perché, con il loro riflesso, danno l’illusione di uno spazio più ampio, ed inoltre aiutano a distribuire meglio la luce nell’ambiente.