Nata come Central Library, la biblioteca prese il nome attuale nel 1995 dopo alcune cospicue donazioni fatte da Audrey Geisel, sia in denaro sia in opere del defunto marito Theodor Seuss Geisel, meglio noto come Dr. Seuss, autore di famosissimi libri per bambini come Il Grinch o Prosciutto e uova verdi, per citarne un paio.

L’Università venne fondata nel 1960 con l’intento, fin da subito, di dotarla di una delle tre grandi biblioteche previste per il sistema delle Università della California, composta di ben dieci campus. Nel 1965 venne affidato all’architetto William Pereira la realizzazione di un masterplan per il centro universitario e la progettazione del suo edificio fulcro, la Central Library. Pereira, che già aveva lavorato per l’Università della California – Irvine (UCI), era ben noto per la sua capacità di progettare edifici estremamente accattivanti e iconici (si pensi alla Transamerica Pyramid di San Francisco), un suo aspetto che mostrerà ancora una volta in questo caso.

Da un dettagliato report pubblicato nel 1969 dallo studio dell’architetto è possibile seguire tutte le fasi progettuali – dall’affidamento dell’incarico all’inizio del cantiere, e l’approccio utilizzato dai progettisti. Pereira analizzò e categorizzò una dozzina di biblioteche esistenti, studiandone la circolazione e le suddivisioni funzionali, e teorizzando gli aspetti formali più influenti per gli utenti (illuminazione, facilità nel raggiungere i libri, possibilità di espansione, ecc.), sintetizzando tutto con schemi e diagrammi.
Le conclusioni portarono Pereira a ipotizzare un edificio in acciaio e vetro a forma di sfera, secondo lui ideale per una biblioteca in quanto capace di massimizzare l’ingresso di luce naturale, dotata di una zona centrale equidistante dal perimetro destinata alla circolazione e con planimetrie libere disegnate direttamente dagli arredi. Inoltre, come si legge nel report, nel progetto si tenne in considerazione la possibilità concreta di realizzarne varie estensioni: si prevedeva che le aggiunte all’edificio originale avrebbero formato dei terrazzamenti digradanti lungo il fianco della collina attorno alla base della torre e ad essa subordinati.

Per motivi legati a fattibilità e costi, l’idea di un edificio a forma di sfera venne abbandonata, seppur mantenendo il concept di un piano centrale di superficie più ampia con piani più piccoli al di sopra e al di sotto, e all’acciaio si preferì l’utilizzo di una struttura esterna in calcestruzzo armato, che permetteva anche di avere più spazio all’interno.

Il risultato è un edificio composto da due piani parzialmente interrati più ampi, contenenti le principali aree pubbliche e zone per lo staff, da cui emerge l’elemento sferoidale di sei piani contenente la collezione della libreria. In corrispondenza del piano più stretto, alla base dello sferoide e al di sopra dell’ingresso, si trova il forum, una grande piazza posta all’intersezione di due percorsi pedonali del campus e coperta dai piani superiori della biblioteca sorretti dagli enormi sbalzi in calcestruzzo armato.
Il nucleo centrale dell’edificio è occupato dagli elementi di servizio (scale, ascensori, bagni, ecc.), equidistante dai punti del perimetro e che, realizzato interamente in calcestruzzo armato, ha anche una funzione antisismica.
Le ampie vetrate a ogni piano permettono l’ingresso di tanta luce naturale per le aree di lettura, mentre dall’esterno, riflettendo i colori del cielo, lasciano la biblioteca smaterializzarsi nel cielo, cambiandone l’aspetto a seconda della stagione e dell’ora del giorno.
È interessante che Pereira avesse previsto diversi livelli di espansione della biblioteca, a cui si sarebbero potuti aggiungere dei volumi digradanti lungo il pendio a nord. Tuttavia, quando questa espansione si rese necessaria e vennero stanziati i fondi nel 1990, l’UCSD commissionò la progettazione dell’intervento all’architetto Gunnar Birkerts, non seguendo il progetto originario. La richiesta dell’Università fatta all’architetto fu, sostanzialmente, di essere invisibile. Infatti, l’espansione venne realizzata attorno ai lati est, sud e ovest dell’edifico esistente e interamente al di sotto del livello del forum, proprio per non alterare la piazza e il suo rapporto con il landmark di Pereira. La brillante trovata di Birkerts fu quella di scavare una sorta di canyon attorno al perimetro della biblioteca in modo da permettere alla luce di entrare nella nuova porzione aggiunta, illuminandola con ampie vetrate affacciate lungo questa gola e da alcuni lucernari dalla forma frastagliata, unici elementi visibili del progetto.
Con molti edifici brutalisti, la Geisel Library condivide il destino di avere un gran numero di ammiratori ma anche di detrattori. Secondo un articolo di Reuters, la Geisel Library è nella top ten degli edifici più “brutti” da visitare secondo il sito Trippy.com (specificando che “Reuters has not endorsed this list”). Una sorte simile toccò, ad esempio, anche alla Torre Velasca di Milano, in un articolo del Daily Telegraph che la inseriva in una photogallery di edifici “brutti” sparsi per il mondo (Are these the world’s ugliest buildings?). Tuttavia, come la Torre Velasca è a pieno titolo diventata un simbolo meneghino e amato dai cittadini di Milano (nonché una delle massime espressioni dell’architettura italiana del dopoguerra), così anche la Geisel Library, con la sua immagine estremamente fantasiosa, seppur non colorata come la Whoville creata dal Dr. Seuss, è molto cara agli studenti che la frequentano, sempre presente nei materiali divulgativi dell’università e, per un breve periodo, è perfino apparsa stilizzata nel logo dell’UCSD.