Un incontro inaspettato… Costeggiamo il canale che scorre parallelo al mare nei pressi del Circolo Golf Venezia, poco lontano da un ricovero di relitti di barche abbandonate, ormeggiate per l’ultima volta in un’ansa paludosa. Il cartello segnala il sito della Batteria Rocchetta, una fortificazione costruita dagli austriaci nella prima metà dell’800, ubicata sulla punta estrema del Lido di Venezia, ora ai margini dell’Oasi WWF degli Alberoni.
Il clima è primaverile. Ci incamminiamo sul sentiero, addentrandoci nella boscaglia. Non ho mai sentito un grido come quello, tanto acuto e stridulo da far pensare a un grande volatile, a tanti volatili tutti insieme, molto vicini a noi. L’animale che scorgo all’improvviso al di là del cancello sbarrato si muove lentamente in cerca di cibo, sprofondando il becco appuntito nell’erba fitta. È tranquillo, per niente spaventato dalle nostre presenze.

Non capita spesso di imbattersi in un pavone, tantomeno di avvistarne a decine: dovunque guardo ne appare uno. Gli uccelli si sono insediati nelle rovine dell’edificio fortificato e nella natura attorno, prendendone letteralmente possesso: qui siamo a casa loro. Sul verde tenero del prato, le loro piume variopinte spiccano vivacissime; sono verde acceso, blu elettrico, acquamarina, ocra, azzurro intenso… È un’esperienza visiva unica. I lunghi strascichi dei maschi sono costellati di motivi circolari, di “occhi” blu profondo, bordati di giallo e di verdeazzurro.
Incanta, l’eleganza di un pavone e stupisce, guardandolo, l’intensità straordinaria, non così comune in natura, del colore del suo piumaggio: è comprensibile che l’eccezionale purezza e la policromia abbiano fatto della “cauda pavonis” il simbolo alchemico di totalità e di completezza.
Sono un chiaro esempio, quelle piume, di colore strutturale, ben diverso dal fenomeno cromatico più conosciuto, quello determinato dalle caratteristiche chimiche del materiale e dalla presenza di pigmenti che assorbono o riflettono selettivamente le diverse lunghezze d’onda, generando la sensazione fisiologica che noi percepiamo come colore.

Il colore strutturale, invece, si basa su un meccanismo essenzialmente fisico, connesso alla presenza di microstrutture, di cellule organizzate in lamelle o in minuscole creste, che sono in grado di separare la luce incidente attraverso riflessioni e rifrazioni, creando interferenze e facendo sì che i raggi luminosi si sommino o si annullino per provocare il fenomeno ottico dell’iridescenza.
La madreperla, le squame di alcuni pesci, le ali o la corazza di certi insetti devono la propria cangianza alla varietà di angoli di incidenza: a ogni angolo di osservazione, infatti, corrisponde una tinta. Nel colore strutturale, la colorazione particolarmente brillante è provocata, fisicamente, da una sequenza geometrica ordinata. Al contrario, una microstruttura formata da elementi in successione confusa e casuale genera il bianco che, come è noto, è il prodotto della miscela di tutte le lunghezze d’onda dello spettro. Una particolare specie di coleottero, il chypochilus, deve alla configurazione delle scaglie ultrasottili che lo ricoprono il suo aspetto candido, perfettamente bianco.

Sulla base di queste conoscenze, alterando geneticamente il movimento di alcune colonie di batteri marini, un gruppo di scienziati dell’Università di Cambridge, capitanato dall’italiana Silvia Vignolini, ha modificato le geometrie in cui esse erano disposte e, di conseguenza, cambiato il loro colore che, da sgargiante e metallico, si è attenuato o è completamente sparito.
Dalla ricerca è emerso che – ingegnerizzando materiali biocompatibili come la cellulosa e seguendo, attraverso l’osservazione del “disordine”(progettoLODIS,Looking through Disorder), l’esempio della natura per creare nanostrutture riflettenti, costruite secondo le logiche apprese nel corso della lunga sperimentazione – si potranno ottenere vernici dalle diverse caratteristiche, completamente biodegradabili e atossiche perché prive di pigmenti.

Sono disponibili sul mercato pitture molto riflettenti, a base di biossido di titanio, in grado di evitare il surriscaldamento interno degli edifici e di favorire il risparmio energetico: mi aspetto che, in seguito alle nuove scoperte, si producano vernici funzionali meno impattanti sulla salute e sull’ambiente.

Riflettanza, iridescenza, intensità di colore sono caratteristiche necessarie al design di oggi, per ottenere elementi esteticamente convincenti. La Oil Chair (Artur de Menezes Studio), così come il futuristico e sperimentale Hola Sofa (Artur de Menezes per Six N. Five) che unisce un gusto vintage all’evidente appartenenza alla sfera contemporanea dimostrano, con la loro eleganza palesemente moderna, la necessità del design di elaborare effetti estetici evocativi.

Una maggior conoscenza dei processi della natura permetterà senza dubbio di riprodurli in modo sostenibile.
Consapevolezza o caso fortuito? Gli studi più recenti, condotti dall’équipe di Ian Freestone propendono verso l’attribuzione di indiscussa maestria e competenza agli artigiani romani che hanno realizzato il memorabile oggetto: la Coppa di Licurgo, oggi proprietà del British Museum, è un esempio stupefacente di design dei materiali risalente al IV secolo d.C. La sua particolarità è la colorazione, che appare verde se illuminata frontalmente e rossa quando la luce proviene da dietro. La tecnica del vetro dicroico – estremamente sofisticata, in questo caso – si è avvalsa della presenza di nanoparticelle metalliche, d’oro e d’argento, per dare luogo a un processo percettivo assolutamente innovativo e a quei tempi sconosciuto ai più. Essa si è basata – è inutile dirlo – su un fenomeno fisico di colore strutturale.
