“La figlia del malto”. Così l’imperatore romano Giuliano era solito definire con tono sprezzante la birra, elemento culturale distintivo delle allora popolazioni barbariche nordeuropee. Una bevanda che le culture continentali mediterranee hanno assimilato nel corso del tempo, pur continuando a ritenerla qualitativamente inferiore al vino, per loro simbolo di civiltà. E fino a qualche anno fa, in paesi a forte trazione vitivinicola come l’Italia, sarebbe stato difficile trovare qualcuno che attribuisse ai due fermentati lo stesso valore. Nel Belpaese c’era bisogno di una rivoluzione qualitativa e d’immagine del comparto brassicolo. Una rivoluzione che avrà inizio nel 96′ con pochi coraggiosi produttori di birra artigianale. Tra questi, Teo Musso e le sue “Baladin” che, di lì a poco, avrebbero scritto la storia della craft beer all’italiana.

Il primo Brewpub “Le Baladin” nasce a Piozzo, a pochi chilometri dai filari che danno vita ad alcuni dei vini piemontesi più pregiati d’Italia quali Barolo e Barbaresco. È facile immaginare come in un simile contesto artigianalità e qualità delle materie prime non fossero sufficienti. La nuova idea di birra che Teo Musso voleva proporre doveva passare attraverso un concept design efficace e d’avanguardia, che fosse capace di ridefinire l’immagine e la percezione della birra prima nel cuneese e poi in Italia. “Iniziò così un tavolo di lavoro, rigorosamente notturno, a pub chiuso, con il grafico Gabriele Pucci e l’illustratrice Mascia Avanzo, allora cameriera del pub; un percorso serrato, volto a creare l’identità figurativa di birra Baladin”.

Le bottiglie si caratterizzeranno per l’eleganza delle linee e le maggiori dimensioni (0,75 cl),  alquanto insolite per il mondo birra. Lo stile grafico e l’etichetta a forma di scudo volevano invece richiamare la cultura celtica, facendo così di uno stereotipo dell’immaginario comune, un elemento chiave della comunicazione del brand. Teo Musso cerca così di creare quel legame tra prodotto, storia e territorio traendo ancora una volta ispirazione dal modus operandi delle cantine vitivinicole italiane. Esemplificative in tal senso le Riserve “Metodo Classico”, “Terre” e “Lune”, dove la connessione con il mondo enologico si evidenzia anche nel processo produttivo e nell’impiego del classico astuccio per arricchire la packaging experience.

Non possiamo poi non menzionare il “Teku”, il bicchiere da degustazione disegnato da Teo Musso e Kuaska, tra i massimi esperti e promotori della cultura birraia in Italia. Emblema della rivoluzione brassicola artigianale della penisola, il Teku si diffonderà in tutto il mondo come simbolo di una rivalutazione in chiave qualitativa della birra.

Insomma, una craft revolution all’insegna del design. E forse, in un paese come l’Italia, non poteva essere altrimenti.