La Pop Art, o Popular Art, è un movimento artistico nato circa negli anni ‘50 che prende spunto dai risvolti del consumismo sfrenato e da ciò che è più popolare per una rappresentazione acritica della realtà circostante. Essendo strettamente legato alla vita quotidiana di chi la crea come di chi la fruisce, assume ovviamente aspetti diversi in base al luogo.
Arrivato in Giappone, questo fenomeno si trova davanti la società del post-guerra giapponese, demilitarizzata e focalizzata tutta sulla produzione e l’avanzamento economico, dove cominciavano ad affermarsi grandi aziende che sarebbero divenute di lì a poco multinazionali, mentre nel mondo dell’intrattenimento manga e anime spopolavano.
In questo contesto nasce e comincia a muoversi Yoshitomo Nara, una delle icone della Pop Art giapponese.


Nato nel 1959 ad Hirosaki, nella prefettura di Aomori, dove trascorre un’infanzia un po’ solitaria, si trasferisce e studia prima nell’università di arti e musica della prefettura di Aichi, per poi trasferirsi nuovamente e studiare nella Kunstakademie Düsseldorf, a Düsseldorf, in Germania, tra il 1988 ed il 1993. Fu questa esperienza tedesca a dare il via alla carriera di questo artista, costretto dall’essere solo in un paese straniero a riflettere su sé stesso, ricordando la passata solitudine dell’infanzia e mischiando le vecchie prime influenze artistiche delle cover degli album musicali e dei cartoni con l’influenza di movimenti come il Neoespressionismo, incontrato proprio in Europa.

The Girl with the Knife in Her Hand, 1991, acrilico su tela, 150.5 × 140 cm

Ne nasce un’arte priva di particolare attenzione allo sfondo, con colori piatti e con una figura infantile dai tratti morbidi e semplici che capeggia al centro, ma con sempre un atteggiamento un po’ strano, come in The Girl with the Knife in Her Hand, una delle sue prime opere di questo tipo, che raffigura una bimba vestita di rosso, dai marcati contorni neri, la quale con un’espressione indecifrabile sul volto stinge in pugno un coltello.
Una vista come questa, come pure in altre opere che raffigurano bambini intenti a fumare o con espressioni di rabbia, lascia lo spettatore inquieto, come se ci fosse qualcosa di fuori posto.

La Pop Art in Giappone, mutuando elementi soprattutto dall’animazione e dal fumetto locali, ne prende innanzitutto l’estetica kawaii. Questo termine, traducibile semplicemente come “carino”, designa quell’estetica, ormai nota ovunque, degli “occhioni” e dei colori vivaci. Facile riscontrare nei personaggi ritratti in questo modo tratti femminili e infantili, a volte neotenici, che rendono le figure più dolci, innocenti, attraenti e sottomesse. Figure dalle quali mai ci aspetteremmo rabbia e violenza, e che per questo, nel mostrarla, generano quel che Freud chiamava unheimlich, ovvero il perturbante, l’inconsueto.

Sleepless Night, 1997, acrilico su tela, 120 x 110 cm

Ecco perché anche solo quegli sguardi così rabbiosi, come quello di Sleepless Night ci stordiscono così tanto. È violenza dove stereotipicamente non dovrebbe esserci. Eppure, secondo lo stesso autore, quella non è violenza gratuita ma sono bambini soli che si difendono come possono in un mondo di adulti giganti che li osserva, un po’ come gli adulti ai quali le opere maggiormente si rivolgono. Pensando al consumismo, allo sfruttamento di quel già citato kawaii per creare profitto, e osservando il particolare stile di Nara, un po’ punk e con quelle scritte enormi come in ROCK YOU!, qualcuno potrebbe pensare a una profonda critica della superficialità della società giapponese odierna. Ma non è proprio quello il punto.

ROCK YOU!, 2006, acrilico su tavola, 162 x 162 cm

In realtà le opere di Nara nascono da quella solitudine avvertita in Germania e continuano principalmente ad esprimere i sentimenti dell’autore stesso. Per certi aspetti quelle bambine sono autoritratte psicologiche di Nara stesso, che in loro fa fluire le sue emozioni. 

Il suo operato cambia molto infatti in base alla sua emotività: come fu col suo viaggio tra i campi dei rifugiati in Afghanistan e Pakistan nel 2002, occasione nella quale colpito dalle condizioni di vita, utilizzò la fotografia per catturare la vivacità che sopravviveva anche in quelle ardue condizioni; come pure fu con il terremoto del Tōhoku nel 2011, che devastò zone del Giappone vicine al suo luogo di origine, e che ne smosse la coscienza, portandolo ad attivare workshop nelle zone devastate ed anche ad ammorbidire i suoi bambini con il testone. È così per esempio per esempio con Miss Spring, dove l’autore rinuncia alla forte bidimensionalità in favore di una leggera tridimensionalità, con un ritratto frontale quasi alla maniera di Keane ed un’espressione non più fortemente arrabbiata e minacciosa, ma enigmatica, quasi inespressiva.

Miss Spring, 2012, acrilico su tela, 227 x 182 cm

L’Unheimlich di Nara è sì inquietante, ma di enorme successo, come testimonia la biografia scritta da Yeewan Koon scritta appena un anno fa, perché tramite qualcosa di pop ci parla di qualcosa di non superficiale, di un’emotività presente nei bambini ma che tendiamo a non vedere, e che pure a lui appartiene ed appartiene a noi pubblico, e che ci viene mostrata semplice e cruda tramite i suoi lavori dai tratti semplici ed infantili, permettendoci però di sentirci rappresentati proprio nelle pulsioni più fanciullesche che ancora ci accompagnano anche nell’età adulta.