Dopo aver trascorso gran parte delle giornate, per settimane, nelle proprie case, molti si sono confrontanti con la monotonia dell’aggirarsi tutto il giorno tra le quattro mura. Il design ci insegna però che gli spazi domestici non devono necessariamente essere una condanna: i progetti di seguito sono tutt’altro che monotoni, e ci dimostrano che gli interni possono davvero farci sognare.
Forse non tutti conoscono il nome di Studio 65, ma sicuramente è impossibile non ricordare il loro sofà Bocca, onnipresente icona pop tuttora prodotta da Gufram. Ci si è seduta sopra persino Marilyn Monroe. Sempre Studio 65 tra il ’70 e il ’72 ha realizzato alcuni progetti incredibili per ambienti domestici, club e un centro benessere. Quando li vedi pensi: non l’hanno fatto davvero. E invece l’hanno fatto, alla grande.
Nel 1971 ricrearono un Olimpo al 4° piano, per l’appartamento di due giovani sposi a Torino: Casa Canella. Qui, Studio 65 trasformò l’alloggio di condominio in una reggia da sogno, una reggia sicuramente un po’ kitsch che sembra aver rubato i mobili a una scenografia di Cinecittà. In realtà, molti degli arredi più sfacciati che troviamo all’interno furono progettati su misura: il divano a fiore era formato da una “corolla” di sedute modulari in poliuretano, e invitava ad un atteggiamento tra il pettegolo e il lascivo, mentre il bagno, rotondo, era collocato all’interno di una colonna al centro del soggiorno. Anche i mobili del bar furono disegnati apposta per l’abitazione dei Canella: le colonne Jonica e Dorica servivano a contenere l’impianto per la musica l’una, e i bicchieri e le bottiglie l’altra. Il letto della camera degli sposi fu chiamato “La caduta di Babilonia”, e sarebbe stato perfetto per un film dei Monty Python. Un design sregolato che sfruttava l’estetica di una classicità esagerata per dissacrare i miti conformistici dell’abitare.
Il divano a forma di bocca invece, fu disegnato per la reception della Contourella, un club ginnico milanese su tre piani, il cui progetto ruotava attorno al tema, provocatorio, di “Tempio di Bellezza”. Il sofà simboleggiava infatti le “labbra della dea che non ha volto”, ironizzando sulla bellezza patinata che veniva valorizzata dalle riviste dell’epoca (e a pensarci, oggi non è poi tanto diverso). Nella Contourella Studio 65 riempì gli ambienti di simboli e significati: un totem luminoso segnava l’ingresso del percorso come un augurio propiziatorio. C’erano poi i murales, c’era il bar dietetico, al piano inferiore, ispirato al giardino dell’Eden, con tanto di serpente tentatore in poliuretano espanso (che però assomiglia più a un simpatico bruco). C’era anche l’ambiente delle saune, raccontate come fatiche e torture catartiche. Tutto lì dentro sembrava voler diventare un gioco, ma non solo. Dentro la Contourella si entrava in un racconto fiabesco fuori ma critico nel suo significato: attraverso gli ambienti del centro benessere, Studio 65 creò un palcoscenico sul quale gli ospiti venivano un po’ immersi nella favola, e un po’ spinti con consapevolezza e ironia a ragionare sull’inconsistenza delle nostre priorità.
La critica dell’architettura ai valori su cui si fondava la società consumistica di quegli anni era onnipresente nel lavoro dei movimenti Radicali. Per Studio 65, culminò nel 1972 quando a Torino si tenne la quarta edizione dell’esposizione Eurodomus, curata da Gio Ponti, Cesare Casati ed Emanuele Ponzio. In quell’occasione architetti e designer vennero chiamati a confrontarsi sul progetto e la realizzazione di un modello in scala 1:1 di una casa di 64 mq, con l’obiettivo di formulare nuove proposte di abitazione, che consentissero “veramente di porre le possibilità produttive al servizio della società, e non viceversa”. (La redazione di Domus ,1972).
Studio 65 tirò su un ambiente all’interno di un gigantesco capitello rovesciato, che chiamò La Maison Introuvable (la casa introvabile). Dentro, i cliché dell’abitare moderno furono rovesciati creando uno spazio futuristico che appariva tanto surreale quanto possibile, e che criticava aspramente la direzione consumistica che il design industriale sembrava aver preso.
Gli oggetti di arredo si trasformarono in provocazioni: un bagno fornito di pentabidet (prelavaggio, lavaggio, lavaggio biologico, candeggio e risciacquo) si prendeva gioco del mito dei doppi o tripli servizi, il WC era un trono dorato iper-accessoriato, e il letto diventò un altare per offrire “sacrifici a Venere”. Gli elettrodomestici trovarono spazio sotto forma di un unico, ridicolo totem composto da lavatrice, boiler, televisore, tostapane e affettatrice. Pronti non più per essere usati, ma per essere venerati. Non stavano forse diventando più che altro status symbol nella società dei consumi? si interrogavano gli architetti.
Il lavoro di Studio 65 ci colpisce per la sua capacità di rendere gli ambienti allo stesso tempo distopici e desiderabili. Casa Canella, la Contourella, e La Maison Introuvable ci fanno sognare sì, ma ci fanno anche pensare: sconvolgono le nostre aspettative sull’abitare domestico e ci pongono davanti alla possibilità di immaginare liberamente lo spazio in cui viviamo, di poterlo progettare senza seguire standard o teorie preformate. Ci sono infinite possibilità – e differenti attitude – di vivere i nostri interni.
Photo Credits: Studio 65