In Sicilia ci sono luoghi che parlano: luoghi che trasudano di storia, che raccontano vite, che si spiegano da soli e tentano di spiegare molto anche a noi. Sono luoghi che sembrano essere vivi, testimoni di un passato che ci appartiene e che non vuole farsi dimenticare. E poi, nel corso del mio girovagare, ho anche conosciuto luoghi che ho denominato “muti”. Non sono inevitabilmente in antitesi con i primi, però rispetto a quelli hanno qualcosa di speciale e unico nel loro silenzio, in grado di comunicarti e di rimanere di più.
Vi è mai capitato di fronte ad un’immagine estasiante di decidere di voler rimanere in silenzio? Come se il rumore, qualsiasi esso sia, “sporcasse” quel momento unico che nessuno ci può ridare indietro?
Ci sono attimi del nostro tempo, fotogrammi reali della nostra quotidianità, luoghi della nostra vita che hanno necessità di rimanere intatti, puri e naturali. Alcuni li vorremmo addirittura proteggere, vorremmo che quella immagine e quel ricordo rimangano autentici, così come i nostri occhi l’hanno “immortalato”, senza filtri o disturbi di alcun tipo.
Ecco, in quei momenti mi capita di avere la necessità di rimanere semplicemente muta, godermi quel sottile piacere, inspiegabile e impalpabile, che spesso tralasciamo nelle nostre frenetiche e caotiche vite e che solo il silenzio riesce a regalarci.
I luoghi “muti” sono per me delle esperienze quasi trascendentali, sono spazi spirituali che invocano il silenzio per essere capiti, sono attimi senza tempo che riescono a toccare con la loro assenza le parti più recondite delle nostre sensazioni.
In Sicilia, tra Marsala e Mazara del Vallo, il paesaggio morfologico è identificato dalle cave di tufo, testimoni di un passato industriale di queste terre in cui si estraeva la calcarenite, lavorata spesso anche in loco e che ha da sempre contraddistinto il territorio siculo con il suo colore caldo che identifica una vera e propria tecnica costruttiva. Le cave si trovavano e si trovano ancora oggi a circa trenta metri sotto il piano di campagna, sono scavate nel terreno disegnando gallerie e cunicoli sotterranei.




Le cave di tufo oggi dismesse lasciano segni storici e culturali importanti sul territorio; esse non raccontano solo una storia passata di ricchezza e bellezza, ma anche storie di abbandono, di trasformazione disfunzionale di un luogo che negli anni è diventato sempre più una discarica a cielo aperto. Raccontano anche di un terzo stadio che è la riattivazione, la capacità di rinascita e la buona volontà di persone che ancora oggi su questa terra vogliono investirci, per salvarla.
Alcuni di quelli che sono stati soprannominati “canyon” per la loro inequivocabile forma sono entrati a far parte di un sistema protetto e trasformati in aree archeologiche, dando vita a quello che è conosciuto come “Parco delle Cave”, fruibile e visitabile da chiunque voglia conoscere i segni di uno dei territori italiani più speciali e ricchi di storia viva.
A Mazara del Vallo qualche anno fa è nata anche un’organizzazione culturale, Periferica, che vede la sua “Casa” sempre all’interno di una delle cave di tufo dismesse che ha riattivato un polo e tutto il suo circondario su svariati punti di vista.




L’organizzazione ha infatti promosso la rigenerazione urbana del territorio grazie alla nascita di questo hub culturale che con iniziative e attività sociali, culturali ed artistiche è stato in grado di potenziare il legame tra comunità attraverso la ricerca e la progettazione partecipata. Recentemente è stato aperto al pubblico l’anfiteatro San Francesco di Paola, progettato e realizzato all’interno di una delle cave dismesse nell’area del santuario di Santo Padre delle Perriere E che è stata una vera e propria scoperta da aggiungere ai miei luoghi “muti”.



Qui la sensazione è quella di viaggiare dentro un passato stratificato, una storia che si spiega in silenzio. L’anfiteatro viene utilizzato per funzioni civili, eventi teatrali e culturali di svariato tipo; le sedute sono realizzate in tufo così come la pavimentazione, onore alla pietra e al lavoro dei tanti cavatori qui impiegati.
Sembra di entrare in uno spazio senza tempo, avvolti dai toni giallo-ocra delle pareti che ci sovrastano a dismisura. Ci si abitua subito però a guardare verso l’alto, accompagnati dalle linee verticali delle mura perimetrali che conservano resti fossili e stratificazioni del passato geologico.
L’ambiente che è stato ricreato è estremamente suggestivo, avvolto da un velo quasi sacro che ti invoglia a contribuire a non spezzare quel silenzio tangibile.
Come ve lo racconto però un luogo muto?
Basterebbe infatti fermarsi e lasciarsi avvolgere dal sublime silenzio che questa vista ci trasmette. Senza girarci troppo attorno, senza dover dare per forza spiegazioni minuziose.
Penso che a volte dovremmo solamente farci travolgere, ognuno a nostro modo e ognuno con ciò che riceve. Questa d’altronde è la bellezza del silenzio: la capacità di non poterlo raccontare, di farlo rimanere nostro e custodirlo, proprio come questi luoghi.