Oliviero Toscani. A volte un nome è sufficiente per richiamare alla mente scatti e campagne pubblicitarie celebri e la sua forza non si esaurisce nemmeno con la sua morte, resta viva e presente.
Tratteggiare i contorni di un personaggio così complesso e dissacratorio è difficile, addirittura impossibile senza citarne (almeno) il coinvolgimento nelle tematiche sociali, nella politica, nella moda, lo spirito provocatorio, la fotografia asservita alla pubblicità ma anche come altissima forma d’arte. Come si intuisce la sua produzione non è circoscrivibile all’interno di un perimetro artistico ben delineato, anzi, per descriverla si è costretti ad attingere a molti campi diversi, che possono sembrare lontani fra loro.

Ha scardinato la fotografia pubblicitaria rendendola molto più che un mero mezzo di vendita dei prodotti del marchio, anzi usando la voce del brand per sensibilizzare su tematiche sociali. In questo senso sono celeberrime le campagne che realizza per Benetton, tramite cui accende il dibattito su uguaglianza, mafia, lotta all’omofobia, diffusione dell’AIDS, abolizione per la pena di morte.
Il sociale – pragmatico, utile, serio – entra nel pubblicitario e questo per l’epoca è un cambiamento travolgente, soprattutto per la fotografia pubblicitaria di moda, che fino a quel momento è stata prettamente asservita all’estetica futile, all’esacerbazione del lusso.
In questo ambito Toscani realizza la maggior parte della sua produzione per i marchi. Basti pensare che collabora, negli anni, con riviste del calibro di Vogue, Elle, GQ, Harper’s Bazaar, Esquire, Stern, l’Uomo Vogue e Donna, realizzando campagne per alcuni tra i più importanti marchi di moda come Valentino, Chanel, Fiorucci, Esprit e Prénatal.

L’elemento provocatorio, il continuo tentativo di sfidare e incrinare l’establishment costituiscono un perno centrale della sua produzione fotografica. Talvolta i suoi scatti sono così controversi da separare l’opinione pubblica, come nel caso della campagna No-Anorexia realizzata per Nolita nel 2007, in cui Toscani immortala una modella anoressica per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo disturbo alimentare. Il concept della campagna è talmente divisivo che ancora oggi fa discutere. É lecito utilizzare qualsiasi mezzo, anche l’esposizione di un corpo malato, pur di sensibilizzare l’opinione pubblica? Ma soprattutto, (es)porre questo corpo all’interno spazio pubblicitario generalmente riservato a corpi perfetti, che le altre persone ammirano, non gli assegna implicitamente lo stesso valore?
Il dibattito resta aperto ma la modella, Isabelle Caro, morirà tre anni dopo lo scatto, a 28 anni.

La produzione di Oliviero Toscani è sicuramente molto divisiva. Tuttavia, proprio nella misura in cui la sua fotografia commerciale non si ferma a reclamare l’attenzione di possibili clienti per acquistare un prodotto ma svolge una funzione più alta provocando una reazione profonda nell’osservatore, diventa vera e propria arte. Descrivere il suo personaggio è così difficile proprio perché è difficile disegnare il perimetro di ciò che lui realizza tramite la fotografia e di chi sia lui rispetto ai suoi scatti. A tratti paradossalmente non si può nemmeno affermare che sia il fotografo delle sue creazioni. Nella campagna realizzata sui migranti albanesi per Benetton nel 1992 paga i diritti al fotografo che ha realizzato lo scatto per l’Ansa e la utilizza come pubblicità per il marchio.
Forse l’unica verità che lo può descrivere è che Oliviero Toscani è l’idea dietro lo scatto, è il significato che gli da ponendolo all’interno di uno spazio pubblicitario pagato da un marchio, rendendo il medium messaggio. Parla alle donne e agli uomini, alla loro intelligenza, senza abbruttirli al mero ruolo di consumatori, piegando così le regole del consumismo a quelle dell’animo umano.

Photo credits: © Oliviero Toscani


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