Agosto è appena finito ma le vacanze estive, per chi ha deciso di partire in questo mese di settembre, sono alle porte.
Questo periodo rappresenta per molti un momento di meritato riposo dopo periodi lavorativi e familiari particolarmente intensi.
In questi momenti di frenesia, cresce il desiderio di “scappare” e rifugiarsi in luoghi tranquilli e isolati, o di immergersi nel divertimento e nell’energia di mete più vivaci, a seconda della propria indole.
Uno di questi “angoli di Paradiso” è per me, da sempre, la Pineta di Arenzano: la prima “gated community” italiana (così la definisce l’Arch. Stefano Guidarini nel libro di Marco Franzone e Gerolamo Patrone “La Pineta di Arenzano – Architettura e paesaggio – Storia di un’utopia mancata”), realizzata, a partire dalla seconda metà degli anni ’50, sul promontorio della Colletta di Arenzano. Ispirata ai modelli statunitensi, venne progettata dagli architetti milanesi Ignazio Gardella e Marco Zanuso.
Grazie alla mia famiglia, ho avuto la fortuna di trascorrere qui quasi tutte le mie vacanze, in un ambiente protetto, tranquillo, ricco di opportunità per svago e socialità.
La Pineta di Arenzano è stata infatti concepita come un complesso privato, chiuso, dotato di tutti i servizi necessari: negozi, chiesa, vigilanza, parchi giochi, campi da golf, tennis e calcio, minigolf, maneggio. L’intero complesso è connesso al paese di Arenzano tramite tre accessi sorvegliati.
Molte delle ville e degli edifici residenziali sono state progettate dai più grandi Maestri dell’Architettura e del Design degli anni ’50 e ’60: Ignazio Gardella, Marco Zanuso, Roberto Menghi, Vico Magistretti, Luigi Caccia Dominioni, Anna Castelli Ferrieri, Gio Ponti e tanti altri.
Crescere qui, da bambino, ti segna profondamente: in un contesto simile, è quasi naturale finire per diventare Architetto!

Storia e contesto della Pineta di Arenzano
L’area occupata dalla Pineta, conosciuta come Capo Panaggi o Punta San Martino, era di proprietà della Marchesa Matilde Giustiniani Negrotto Cambiaso e del genero Marcello Cattaneo Adorno. Nel Dopoguerra era ancora un luogo incontaminato, tanto amato e dipinto dagli artisti locali.
Con l’aumento della domanda di seconde case da parte della borghesia lombarda degli anni ’50, destinata a crescere durante il boom economico italiano, la proprietà decise di valorizzare il territorio. Nacque così la società Cemadis (Centri Marittimi di Soggiorno), con l’obiettivo di creare un turismo d’élite attraverso la realizzazione di residenze e servizi di altissimo livello, affidati ai più grandi Architetti e Designer dell’epoca.
Nel 1956, la Cemadis, guidata dal costruttore milanese Ambrogio Gadola, diede l’incarico a Gardella e Zanuso di redigere un piano urbanistico – una sorta di piano regolatore, dato che Arenzano ne era priva – che rispettasse il paesaggio naturale.
Da questo progetto prese forma la Pineta di Arenzano. È bello pensare che le intenzioni di chi la ideò fossero spinte dal desiderio autentico di importare in Italia un modello virtuoso, capace di cambiare – in meglio – la cultura dello sviluppo turistico nel nostro Paese.
Fino alla metà degli anni ’60, la sviluppo della Pineta fu regolato internamente da una Commissione Edilizia della Cemadis, che esaminava e approvava i progetti, coinvolgendo il Comune solo in via informale. Proprio in questo periodo sorsero sia edifici di grande pregio architettonico sia soluzioni più ordinarie. Successivamente, purtroppo, subentrò la speculazione edilizia, poi bloccata nel 1976 con l’adozione del primo Piano Regolatore Generale. Da quel momento, la situazione si è mantenuta pressoché invariata a meno di piccoli interventi.

La Pineta di Arenzano come modello inatteso di Sostenibilità
Potrà sembrare strano parlare di Sostenibilità in riferimento ad un grande intervento edilizio del dopoguerra, spesso accusato – più per pregiudizio che per reale motivazione – di essere pura speculazione immobiliare. Eppure, è proprio di Sostenibilità che si può parlare, se si osserva questo luogo con attenzione.
L’Architettura ed il Design, come tutti i prodotti dell’ingegno umano, vanno compresi nel loro contesto storico.
Oggi definiamo lo Sviluppo Sostenibile come “la soddisfazione dei bisogni presenti senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri” (Rapporto Brundtland, Our common future, 1987), sulla base di principi quali il risparmio energetico, l’uso responsabile delle risorse idriche, l’impiego di materiali locali e riciclabili e la cura della Qualità ambientale interna.

Questi principi, oggi codificati nei protocolli di sostenibilità ambientale internazionale come LEED e BREEAM, si possono in parte ritrovare nei progetti nati nella Pineta anche se in forma embrionale. Ho percorso questi spazi da bambino e da Architetto, apprezzando la luce che attraversa le vetrate delle ville di Zanuso, Gardella e Magistretti affacciate sul mare, la vista unica dalla casa di Gio Ponti in Via della Costa o l’intonaco “alla genovese” delle “Sette Sorelle” di Zanuso, che rievoca la terra ligure.

Ho passeggiato infinite volte lungo la Via del Gabbiano a picco sul mare, ammirando il grande complesso alberghiero di Punta San Martino “appoggiato” con sapienza sulla roccia dai Maestri dell’Architettura italiana che hanno disegnato il complesso della Pineta ed ho nuotato nella grande piscina olimpionica dominante l’infinita distesa blu del Mar Ligure.
Queste “esperienze” costituiscono gli elementi di un’approccio inconsapevolmente Sostenibile, figlio del buon senso e di una sensibilità ormai rara, ereditata da una società che sembra scomparsa ma che ancora oggi lascia tracce preziose.

Architettura in Pineta: Integrazione con il Paesaggio
La sostenibilità di questo luogo si esprime soprattutto in una profonda relazione con il contesto naturale e sociale, che chi vive la Pineta percepisce ogni giorno.
Gli Architetti, dialogando con i committenti, hanno sviluppato soluzioni originali ed innovative, partendo da una tradizione “milanese” reinterpretata secondo il Genius Loci. Materiali locali come l’intonaco genovese, pavimenti in gres e ceramica di Vietri, coperture in ardesia: tutto contribuisce ad una continuità materica e visiva con il paesaggio ligure.
L’Architettura si inserisce nell’ambiente, incorniciando scorci sul mare o sui monti che tolgono il respiro, recuperando sentieri per realizzare vie pedonali e carrabili che mantengono i nomi storici (Via della Colletta, Via del Roccolo, Via della Torretta).

Design in Pineta: Funzione ed Innovazione
La Pineta di Arenzano non è solo Architettura: gran parte dei suoi progettisti furono anche Designer ed Interior Designer, capaci di concepire spazi, arredi su misura e oggetti di Design, secondo una visione unitaria e moderna.
Ignazio Gardella, con Luigi Caccia Dominioni, fondò Azucena, da cui nacque anche la lampada Arenzano. Gio Ponti progettò la celebre Superleggera ispirandosi alle sedie chiavarine, e così via: molti tra loro disegnavano già per Arflex, Cassina e altri iconici marchi dell’arredo italiano, integrando arte e funzione in ogni dettaglio.

Spazi comuni e Comunità
La Pineta non è solo un insieme di ville “firmate”, ma un esempio di comunità autonoma e protetta. Il “Portichetto”, la piazza principale disegnata da Gardella, ospita negozi, un ristorante, centro servizi, edicola e una scala monumentale che conduce a una terrazza panoramica.
Accanto, il parco giochi per bambini (“Il Pratone”) e la chiesa di San Martino di Luigi Caccia Dominioni, pensata con attenzione anche agli spazi esterni ed alla convivialità, favoriscono ancora oggi socialità e senso di appartenenza.

Il Futuro della Pineta tra Conservazione ed Innovazione
La Pineta di Arenzano è un raro esempio di integrazione tra Architettura, Design e Paesaggio, una “gated community” nata da una visione lungimirante che ha saputo fondere innovazione e rispetto per la natura. Le scelte dei grandi Maestri italiani degli anni Cinquanta e Sessanta – dall’uso dei materiali locali alle soluzioni costruttive attente al paesaggio – hanno conferito a questo luogo una qualità abitativa ed una sorprendente Sostenibilità ante litteram.
Guardando al Futuro, la conservazione di questo patrimonio non potrà limitarsi alla sola tutela delle splendide architetture ma dovrà comprendere anche la salvaguardia del contesto naturale e sociale che le circonda.

Sarà fondamentale continuare a valorizzare la “Sostenibilità nascosta” della Pineta, promuovendo interventi di manutenzione e restauro rispettosi dei valori originari, ma capaci di integrare anche le tecnologie più attuali per il risparmio energetico e la gestione consapevole delle risorse naturali.
Parallelamente, la cura degli spazi comuni e delle infrastrutture dovrà favorire ancora lo spirito di Comunità e mantenere quell’equilibrio armonioso tra Uomo, Architettura e Paesaggio che da sempre caratterizza la Pineta.
Oggi, in un’epoca in cui la pressione del turismo e dello sviluppo immobiliare rischia di compromettere l’identità dei luoghi, la Pineta di Arenzano può e deve continuare a rappresentare un modello d’innovazione: un laboratorio contemporaneo dove storia, bellezza architettonica e paesaggio si fondono, dimostrando come Conservazione e Modernizzazione possano procedere insieme senza snaturare la vocazione originaria.
Solo in questo modo questo “angolo di Paradiso” potrà essere tramandato alle generazioni future, restando fedele alla propria anima e continuando ad offrire una straordinaria qualità di vita a chi lo abita e lo vive.

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