Si entra nello studio Garage Paradiso, in Via dell’Aprica 8 a Milano, e ci si ritrova sospesi tra colonne, timpani e riflessi che intrigano e ingannano lo sguardo. È qui che prende vita Specchi, la nuova collezione del designer Matteo Di Ciommo: otto pezzi unici che trasformano lo specchio da semplice superficie riflettente a vero e proprio spazio cinetico, un labirinto percettivo che unisce poesia e architettura.

Una nuova forma di racconto per un oggetto senza tempo

Per Matteo Di Ciommo, classe 1987, romano di nascita ma milanese d’adozione, lo specchio non è un oggetto estetico, ma un enigma spaziale. Dopo la laurea al Politecnico di Milano e un percorso tra design e ricerca artistica, ha infatti costruito un linguaggio personale fatto di collezioni tematiche e pezzi unici, sempre sospesi tra funzionalità e carica metaforica.
Già con Comignoli (2019) e Frutteti (2023), Di Ciommo aveva mostrato la sua capacità di trasformare oggetti quotidiani in esperienze poetiche. Premi come il Cramum VIII (2021) e il Lissone (2022) si sono limitati a riconoscere e legittimare questa visione radicale. Oggi, con Specchi, dopo cinque anni di studio intenso, la sua ricerca si assesta a un nuovo livello: materiali come mogano, abete e samba, trattati con tecniche tradizionali, diventano il supporto per una riflessione percettiva estetica e filosofica.

Lo specchio come architettura percettiva

Le otto opere di Specchi, in fondo, nascono dall’idea che l’oggetto non basti: serve lo spazio. Ogni specchio accoglie l’osservatore in un paesaggio di sembianze barocche, popolato da colonne, porticati e soglie che moltiplicano prospettive e profondità. Guardare diventa quindi attraversare: il riflesso si apre come un portale, trasformando la percezione in esperienza fisica.
In questo senso, Di Ciommo si avvicina a figure come Georges Perec, che vedeva lo spazio come un dubbio da abitare. Lo specchio, dunque, non è più il testimone algido della realtà, bensì un “territorio fenomenologico”, pronto a destabilizzare e a restituire nuove domande.

Illusione e verità: una riflessione contemporanea

Il cuore della collezione è la tensione tra illusione e verità. In un’epoca dominata da immagini digitali, filtri e realtà aumentate, lo specchio di Di Ciommo ci mette davanti a un paradosso: ciò che vediamo è al tempo stesso reale e ingannevole.
Il designer lo descrive come una “bugia che riflette un mistero”. Non si tratta solo di decorazione, ma di un invito a ripensare il rapporto con la realtà: lo specchio ci restituisce un’immagine che riconosciamo, ma al tempo stesso ci spinge a dubitare. È il concetto espresso da Simone Weil quando scriveva che «la realtà è essenzialmente la contraddizione»: lo specchio incarna proprio questa condizione.
In questo senso, Specchi è capace di dialogare con il presente: in un mondo saturo di rappresentazioni virtuali, Di Ciommo recupera la materialità del legno e la tradizione artigianale per costruire un oggetto che è insieme antico e attualissimo.

Un design tra poesia e ricerca

Nella carriera di Matteo Di Ciommo la meraviglia è un’urgenza immancabile, una magnifica costante. Dai progetti per Plinio il Giovane fino alle esposizioni in Italia e all’estero (Milano, Lisbona, collettive come Iconic Ironic), ogni lavoro è un passo verso un design che non si limita alla forma, ma che piuttosto diventa racconto onnilaterale.
Con Specchi, Di Ciommo rilancia così la su impresa più ambiziosa: trasformare l’oggetto in esperienza, l’illusione in verità, la materia in pensiero.

Photo Credits: © Matteo Di Ciommo


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