Mini-case e mini-appartamenti sono un fenomeno che, tra programmi televisivi come Tiny House – Piccole case per vivere in grande o intere pagine social dedicate, colpisce facilmente l’immaginario degli spettatori con la fantasia di una vita più semplice, magari anche bucolica, in case ridotte ma solo nelle dimensioni, nella speranza di concentrarsi alla maniera del minimalismo esistenziale solo sulle cose che davvero contano.

La ricerca del massimo possibile con il minimo indispensabile non è assolutamente qualcosa di recente come può sembrare. È invece una sperimentazione che inizia nei primi del Novecento, con il Movimento Moderno e con l’Existenzminimum, a partire dai contributi di architetti e designer come Le Corbusier e Alexander Klein, passando per le sperimentazioni e le idee del movimento metabolista giapponese.

La progettazione e creazione di mini-abitazioni non si è certo fermata ma continua tenendo conto delle recenti innovazioni e delle nuove necessità del XXI secolo.

Vitra

Nel 2013 ad esempio, nasce Diogene, tiny house sviluppata da Renzo Piano in collaborazione con Vitra ed esposta presso il loro campus in Germania.

Concepita come rifugio privato, da qui il nome che si rifà a Diogene di Sinope, al primo impatto risulta veramente particolare: la copertura in alluminio e la forma semplicissima, quasi fosse disegnata da un bambino, la fanno sembrare quasi una casa giocattolo (complici anche le ridottissime dimensioni di circa 7,5 mq).

Le dimensioni e l’aspetto non devono trarre in inganno però, visto che Diogene non solo riesce ad includere tutto il necessario per vivere, con letto e tavolo pieghevole nella parte frontale, mentre il bagno ed una piccola cucina sono sul retro. Se tanto già non fosse sufficiente, la casa sarebbe studiata per essere completamente autonoma ed indipendente. Possiede infatti pannelli solari, celle fotovoltaiche, toilette biologica e un vano tecnico per la raccolta dell’acqua piovana il quale permette di filtrarla e riutilizzarla, ed eventualmente riscaldarla grazie alla caldaia sul tetto.

Vitra

Per evitare sprechi ed ottimizzarne i consumi, la casa ha poi interni in legno, che insieme alla già citata copertura in alluminio ed ai tripli vetri, permettono un buon isolamento termico.

Anche la disposizione delle finestre non è in realtà casuale, ma si trovano tutte sulla facciata nord, così da poter sfruttare il lato sud per la produzione di elettricità e acqua calda, e la maggiore intercapedine dello stesso muro per l’impiantistica, che passa per la maggior parte però sotto il pavimento.

La movibilità è poi eccellente, visto le dimensioni ed il peso veramente contenuti. Contenuto anche il costo, di soli 20000 euro.

James Law Cybertecture

Se da un lato questa vuole essere più un ritiro volontario che una casa in senso stretto, concepita come abitazione seppur temporanea e a basso costo è invece l’insolito progetto OPod Tube House della James Law Cybertecture. In risposta al costo esorbitante di case ed affitti ad Hong Kong, queste abitazioni sono state progettate in tubature in calcestruzzo. Questi tubi forniscono, vista anche la loro funzione originaria di condutture dell’acqua, un ottimo isolamento e sono molto resistenti, permettendo con il loro diametro di appena 2,5m di ottenere una casa di circa 9mq. Data la forma ed il peso, 22 tonnellate per tubo, è possibile impilarle per creare edifici o comunità senza particolari fissaggi, ed il tutto approfittando dei pochi spazi liberi che la città di Hong Kong può ancora offrire.

James Law Cybertecture

L’interno, molto semplice ma ben studiato ed adattato al singolare spazio interno, che lascia il cemento a vista ma con un pavimento in parquet chiaro, comprende un divano-letto, un sistema di scaffalature flessibili, una piccola cucina e in una piccola stanza sul retro, una doccia ed un wc.

Per sua natura e nelle idee dello stesso James Law, si tratta di un alloggio solo temporaneo, rivolto a chi sta cercando un posto dove stare in attesa di trovare qualcosa di meglio e per studenti universitari, cosa che si evince anche dall’assenza di fornelli, ma con inclusi un piccolissimo frigo ed il microonde.

Il principio delle mini-case rimane sempre lo stesso, quello di fare il più possibile nel poco spazio che si ha, sfruttandolo al meglio. Molto spesso queste soluzioni sono mobili, in spazi sì piccoli ma su un piano solo. Non è questo il caso per Seroro, la casa verticale di Smaller Architects Studio. Fu creata dal suo proprietario ed architetto per sfruttare la proprietà di un minuscolo ma costosissimo terreno sito a Seoul. Da qui l’idea di una torre bianca di cinque piani concepita solo per due persone, con piani di soli 16 mq l’uno, ognuno adibito ad una diversa funzione (garage, living, cucina, camera da letto, bagno). L’architettura ed il design sono influenzati invece dall’ambiente circostante, con le finestre più grandi rivolte a sud e ovest, per godere del sole il più possibile e quasi nessuna apertura sul lato nord ed est, per favorire la privacy, essendo comunque affacciata su di una strada.

Sempre sviluppata in verticale, ma concepita anche come installazione e non solo come mini-abitazione, è di sicuro impatto Keret House, a Varsavia. Questa insolita casa, ideata da Jakub Szczesny dello studio Centrala, è qualcosa di insolito già dalle dimensioni, solo 1,52 metri nella parte più larga e 92 cm in quella più stretta, per una quadratura di soli 14 mq.

Sviluppata su tre livelli collegati da scale a pioli, è dotata comunque di tutto il necessario in una casa, solo in dimensione ridotta, vista la particolare forma della struttura in acciaio e vetro. E per evitare un effetto eccessivamente claustrofobico, essendo pure collocata nello stretto spazio tra due edifici, è sia internamente che esternamente dipinta di bianco, con pavimenti in parquet molto chiaro. Il particolare nome è ripreso qua dal suo primo inquilino, lo scrittore e regista israeliano Etgar Keret, che volle fortemente un’abitazione nella città natale dei genitori, che da lì dovettero fuggire in seguito all’olocausto.

In tutti questi esempi è facile notare dei tratti comuni, quali gli ambienti molto piccoli, l’attenzione per l’ambiente circostante, come pure espedienti simili quali ambienti chiari e soluzioni salvaspazio di vario tipo. La verità però è che spessissimo queste tanto affascinanti case non sono adatte a tutti, ad esempio non tengono quasi mai conto di possibili disabilità da parte dell’utente, e dati gli spazi ristretti non consentono facilmente modifiche e neppure tollerano il disordine. Come se non bastasse, in molte nazioni non sono ritenuti legali, come il caso di OPod, che per la legislazione di Hong Kong può essere costruita ma non abitata, o come Keret House, registrata come installazione artistica perché non legalmente riconoscibile come casa in Polonia.

Tirando le somme è forse meglio, in linea generale, trattarle proprio come alloggi temporanei e case vacanze, visto il basso costo e la possibilità in alcuni casi di spostarle facilmente.


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