Il 18 luglio 1868, un manipolo di ribelli bulgari guidati da Hadji Dimitar ingaggiò uno scontro con le forze ottomane sulla vetta di Buzludzha, nel centro della Bulgaria. Un gesto suicida dal potere simbolico fortissimo, nel tumulto dei nazionalismi ottocenteschi: una decina di anni dopo, con la guerra russo-turca, la Bulgaria tornò ad essere uno Stato indipendente e Buzludzha divenne un simbolo del Risorgimento e luogo di un’annuale celebrazione del sacrificio di Hadji Dimitar. La commemorazione del 1891 divenne l’occasione perfetta per il filosofo politico Dimitar Blagoev di riunire in segreto i gruppi socialisti del paese e formare ufficialmente il Partito Socialdemocratico Bulgaro, futuro Partito Comunista Bulgaro: lo stesso partito che sarà il principale sostenitore della resistenza bulgara contro le forze nazi-fascismo, che proprio sul Buzludzha ebbero uno degli scontri decisivi nel 1944.

Photo credits: © Chris Bauer

Fu proprio per commemorare questi eventi – e, dunque, il successo del socialismo bulgaro –che nel 1959 il governo comunista decise di realizzare quattro monumenti da inaugurarsi nel 1961, settant’anni dopo la fondazione della prima organizzazione socialista bulgara: uno per Hadji Dimitar, uno per il primo “Congresso di Buzludzha”, uno per i partigiani caduti e un ultimo che, per la sua complessità, sarà inaugurato solo nel 1981 con diverse modifiche rispetto al piano originario e che sarebbe diventato un memoriale del comunismo bulgaro.

La costruzione della Casa monumentale del Partito Comunista Bulgaro cominciò nel 1974, su progetto dell’architetto e politico Georgi Stoilov. Una struttura circolare di calcestruzzo armato, affiancata da una torre alta 70 metri con in cima una stella rossa, più grande di quelle del Cremlino. Numerosi lavoratori furono all’opera per realizzare il monumento, vennero costruite infrastrutture e anche un villaggio operaio nelle vicinanze del cantiere. I finanziamenti furono in larga parte frutto di donazioni volontarie dei cittadini, alcuni dei quali prestarono anche lavoro come volontari e, per questo motivo, il monumento fu liberamente accessibile a tutti una volta inaugurato.

Photo credits: © Artin Azinyan

Se l’esterno colpiva per la sua imponente monumentalità, l’interno stupiva per le sue pareti rivestite di mosaici dal propagandistico progetto iconografico: scene bucoliche agresti, immagini di studenti, cosmonauti, di lotte antifasciste, di lavoratori che sconfiggono a colpi di forconi un serpente simbolo del capitalismo. Un’allegoria del comunismo a cui partecipavano, sempre come tessere di mosaico, anche eroi comunisti internazionali – Marx, Engels, Lenin – e bulgari, come il già citato Dimitar Blagoev e Todor Zhivkov, leader della Bulgaria comunista dal 1954 al 1989. Un altro grande mosaico occupava il centro della copertura, con falce e martello incorniciati dallo slogan “Proletari di tutti i paesi, unitevi!”.

Purtroppo, la vita del memoriale fu breve. Con le prime elezioni libere, nel 1990, il governo bulgaro si allontanò sempre più dal comunismo puro, assumendo a metà degli anni ’90 anche posizioni apertamente anticomuniste. A causa delle mutate idee politiche e della crisi economica in cui versava la Bulgaria nella sua transizione verso il capitalismo, per il monumento non c’era più spazio. Vennero mandate a casa le guardie che lo sorvegliavano e nel giro di pochi anni sparirono tutti i rivestimenti più preziosi, vennero distrutte le stelle rosse con colpi di arma da fuoco perché la gente pensava fossero di rubini e così poteva raccoglierne le schegge. Il resto del lavoro lo fecero il vento, la neve e la pioggia, che hanno continuato a distruggere lentamente il memoriale che, però, probabilmente riuscirà ad avere una seconda vita.

Photo credits: © Bedros Azinyan

Nel 2015 viene fondato il Buzludzha Project Foundation dall’architetta Dora Ivanova, con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica alla conservazione di questo pezzo di storia bulgara. I risultati non si sono fatti attendere e l’edificio è stato inserito nel 2018 tra gli edifici più a rischio del patrimonio architettonico europeo secondo l’ONG Europa Nostra. La visibilità ottenuta ha permesso di ottenere dei finanziamenti da parte della Getty Foundation all’interno del programma “Keeping It Modern” con il partenariato di diversi sostenitori, che già nel 2020 hanno portato all’inizio dei lavori di conservazione dei mosaici del memoriale.

Il lavoro di Buzludzha Project ha dato anche alla luce un festival di musica, Open Buzludzha, non solo una raccolta fondi ma un vero e proprio primo atto di riuso del luogo e, giunto alla quarta edizione, anche vetrina internazionale.

Photo credits: © Darmon Richter

Non è, tra l’altro, la prima volta che il memoriale comunista di Buzludzha viene scelto come set da parte di musicisti, o registi, colpiti dalla wave di revival brutalista che, spesso, vediamo spuntare fungina nel sottobosco hipster contemporaneo: bourgeois-bohèmien dal dubbio e conflittuale rapporto con il capitalismo, divisi tra il brand per cui lavorano e la passione per il second-hand, trovano forse rassicurante alcuni simboli di propaganda rossa per distrarsi dal sistema capitalista con cui collaborano. Tra i musicisti che hanno scelto Buzludzha come set di un videoclip c’è anche un italiano, Calcutta, che ha girato le scene di Kiwi (2018) proprio davanti alla Casa monumentale del Partito Comunista Bulgaro.

Cover photo credits: © Peter Franc


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