Se non vi siete mai addentrati nel quartiere Maggiolina di Milano, allora non conoscete quello che è considerato il volto più grottesco e insolito della città.
Se andate in auto googolate via Lepanto, altrimenti, tramite la linea metropolitana lilla, scendete alla fermata Istria: comunque sia, iniziamo questo viaggio virtuale e bizzarro, assieme!
Pronti? Come on:

Ci troviamo, come già detto, nel quartiere Maggiolina, un distretto residenziale sito a nord-est di Milano, immerso in vastissime aree verdi che hanno fatto di questo luogo uno dei primi esempi di “città-giardino” italiane.
Il tessuto urbano del quartiere è stato oggetto di sperimentazioni molteplici, e ciò che stiamo per scoprire rappresenta una delle più estrose e stravaganti che potremo trovare in città.
Addentrandoci in via Lepanto infatti scopriamo un gruppo insolito di abitazioni che prende il nome, dalla evidente particolare pianta circolare, di case a igloo.

Gli igloo risalgono al 1946, ne furono costruiti dodici su progetto di Mario Cavallè; siamo nel dopoguerra e la volontà dell’ingegnere era quella di dare rifugio agli sfollati, costruendo degli appartamenti provvisori che accogliessero le funzioni basilari necessarie.

Il modello abitativo e la tecnica costruttiva di riferimento è quella statunitense: gli igloo furono realizzati in mattoni forati, con struttura voltata, offrendo libertà massima nella distribuzione interna.

Oggi di case a igloo ne sono rimaste solo otto, di cui solo due con la conformazione originaria: suddivisi in seminterrato e piano primo, questi miniappartamenti si sviluppavano su una superficie circolare di circa 50 mq che prevedeva un ingresso, un bagno, due camere e la cucina.
Nonostante l’incipit “provvisorio” per cui vennero pensate, gli abitanti decisero di risiedervi a lungo; tutt’oggi, infatti, alcune delle case igloo restano abitate.

Accanto alle case igloo, nello stesso periodo vengono costruite anche due case a fungo, demolite però negli anni ’60. Anche queste si sviluppavano su due livelli sovrapposti: il pianto interrato accessibile solo dall’esterno, accoglieva il ripostiglio e la cantina, e il piano rialzato, che ospitava gli spazi abitativi, di circa 45 mq.

Tra le altre abitazioni più suggestive del quartiere troviamo la dimora di Luigi Figini, la Villa Figini, immersa in una vera e propria oasi di pace, la casa rispetta fedelmente i canoni razionalisti di Le Corbusier, con i suoi pilotis, la pianta libera e le finestre a nastro.

Fatto curioso: fu lo stesso vicino di casa Figini a salvare le case igloo, che negli anni ’60 stavano per essere demolite.
Chi, d’altronde non avrebbe fatto come Figini per salvaguardare un così curioso ed ormai insolito scenario, in mezzo a quello che sta diventando uno skyline sempre meno identitario?
Io si, e voi?


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