Se avete visto di recente il film di Wim Wenders “Perfect Days” sapete bene di cosa sto parlando, so per certa che lo state già immaginando e sentendo, davanti i vostri occhi, chiusi. Per chi se lo fosse perso, oltre che consigliarne un imminente recupero, vi anticipo solo qualche riga: Komorebi è una parola giapponese che significa “luce che filtra tra gli alberi” ma più in generale è uno stato d’animo. Una sensazione di mutevolezza, un attimo sfuggente e sfuggevole, che ci ricorda la caducità del tutto e che viene concretizzata visivamente in quel momento breve e unico della luce dei raggi del sole che filtrano tra le foglie degli alberi.
Preambolo per me necessario per introdurre il progetto “The Tokyo Toilet” perché per parlare di un popolo, di abitudini e culture altre credo sia necessario capirne il loro punto di vista, o perlomeno ascoltarlo.
La cultura giapponese fonda le sue basi sull’estrema estetizzazione della vita e dei sensi: è quella che viene da molti definita “un’ecologia della sensibilità”. Questa visione del mondo profondamente intrisa di rituali, benessere dello spirito e sacralità si declina in ogni atto essenziale della vita quotidiana, domestico e non. Perfino, pensate un po’, nella progettazione dei bagni (anche quelli pubblici). In Giappone lo spirito per l’estetica si applica anche all’interno di quello che diventa un luogo intimo – come il bagno – rendendo abissale la distanza con la praticità occidentale che lo ha sconsacrato da qualsiasi requisito che non sia prettamente funzionale. In quanto tale l’estetica, l’eleganza e la sensibilità giocano ruoli fondamentali anche in questo spazio, sia a livello domestico che pubblico. Proprio in ambito pubblico questo concetto assume una conformazione ancora più profonda che è quella dell’hospitality e dell’accoglienza anche in uno spazio poco curato come può essere un servizio igienico aperto al pubblico o in un luogo pubblico. Provate per un attimo a focalizzarvi sulla prima immagine che vi viene in mente se vi dico “bagni pubblici”.
Ora guardate queste immagini.
Questo è “The Tokyo Toilet”, un progetto di riqualificazione architettonica e urbana (ma anche sociale – si sa- quando si vive in spazi curati con sensibilità ed eleganza anche lo spirito si eleva) che è stato promosso dalla Fondazione Nippon e dall’imprenditore Koji Yanai e che ha investito la città di Shibuya, a Tokyo; finalizzato a migliorare la qualità funzionale e igienica dello spazio servente (un bagno pubblico per l’appunto), di riflesso ha investito a grande raggio tutto il contesto.
Sono 17 le strutture che sono state riqualificate o costruite ex novo dal 2018 fino ad oggi (alcune ancora in fase di realizzazione) e affidate a studi di architettura e design di fama mondiale, tra cui Kengo Kuma, Tadao Ando, Sou Fujimoto e altre figure dal grande calibro artistico e architettonico. Nel 2023 è stata la stessa amministrazione della città di Shibuya che ha chiesto al regista Wim Wenders di presentare nelle sale e in tutto il mondo il progetto, prima pensato sotto forma di documentario poi evoluto nella pellicola sopra citata: i bagni pubblici diventano un vero e proprio set cinematografico. “Perfect Days” diventa quindi un viaggio tanto introspettivo quanto visivamente ed esteticamente coinvolgente attraverso il restyling dei bagni di Shibuya. Dietro questa scelta c’è – ovviamente – anche un significato profondo: “perché il bagno pubblico è l’unico posto dove tutti sono gli stessi, non esistono ricchi o poveri, anziani o giovani: tutti fanno parte della stessa umanità”. Tema cardine e continuativo del film, i bagni pubblici di Shibuya sono presentati come forme d’arte, componenti estetiche di grande impatto ma anche luoghi di profonda inclusione sociale, che diventano iconici per tutta la durata della proiezione (e oltre).
Lo studio di architettura Shigeru Ban Architects risalta tra gli altri nomi per aver realizzato il progetto del bagno più innovativo, all’interno del progetto Tokyo Toilet. Oltre che di particolare impatto nel suo design, il progetto presenta una tecnologia di chiusura della porta dall’interno che permette di oscurare quella che è invece una struttura colorata e totalmente trasparente quando è libera (una delle scene del film è proprio incentrata sulla spiegazione del meccanismo). La realizzazione è stata conclusa nel 2021 e si trova all’interno del parco Yoyogi Fukamachi Mini Park. Con questa riqualificazione puntuale anche il parco è stato investito da un rinnovo su duplici fronti: è stato risolto sia il problema dell’accessibilità e della privacy grazie al sistema oscurante dall’interno, sia quello della pulizia perché uscendo dal bagno tutte le pareti diventano trasparenti e da fuori si può vagliare il grado di igiene prima di entrare all’interno. Inoltre, all’imbrunire e durante tutte le ore notturne la struttura permette di illuminare il parco come se fosse una lanterna colorata e caleidoscopica nel buio.
Alla fine di questa breve analisi il mio epilogo è un elogio al popolo orientale e alla capitale nipponica in particolare; nel marasma di vite frenetiche, intrecciate ad una realtà sempre più veloce, mentre l’occidente dimenticava, la civiltà orientale è sempre riuscita a fermarsi e guardare – indietro – alla tradizione di una cultura che li ha contraddistinti come popolo che è sempre riuscito ad arrivare al cuore delle cose, non tralasciando niente e nessuno: né “la luce che filtra tra gli alberi” né la sua ombra.
Web Site: https://tokyotoilet.jp/en/
Photo credits: @Satoshi Nagare, provided by the Nippon Foundation.