Quest’anno, un po’ costretta dal periodo in cui ci troviamo, un po’ per senso di forte nostalgia che è scaturito, ho deciso di passare interamente le mie ferie estive a casa, in Sicilia, terra con cui ho sempre avuto un catulliano legame di odi et amo.
Da quando vivo a Milano ho avuto modo di mutare il rapporto con il mio paese: andarsene lontano dalla propria città ti permette di guardarla con occhi con cui non l’hai mai vista, sviluppando un confronto continuo che non è per forza negativo, anzi, spesso è una presa di coscienza di ciò che si ha e del potenziale che c’è.
Penso che chiunque, visitando o vivendo la Sicilia, abbia almeno una volta avuto un duplice e contrastante pensiero: esserne ammaliato dalla bellezza ed allo stesso tempo esserne colto da rabbia nel vederla così statica e a volte soggetta ad involuzione.
C’è chi però, avendo le possibilità e la forza, ha deciso di rimanere un attimo in più a scrutare, per guardare oltre.
Questi sguardi, in particolare, nell’articolo di oggi, hanno due nomi: Andrea Bartoli e Florinda Saieva

che oltre ad essere una bellissima famiglia, hanno creato a Favara la loro seconda famiglia, sempre più in crescita, ad oggi polo culturale made in Sicily, riconosciuto dall’UE, di nome Farm Cultural Park.

“Ho deciso di dedicare la mia vita alla bellezza, alla creatività e alla ricerca della felicità.”
Andrea Bartoli.
Ci troviamo in un piccolo paese della provincia di Agrigento, un paese come tanti della Sicilia su cui mai nessuno avrebbe speso energie ed economie.
Favara è il paese di nascita di Florinda, la quale, come accade all’ordine del giorno oggi, ad un certo punto della sua vita va via, per andare a vivere a Parigi con Andrea.
La voglia di ritornare c’è ed è molto forte, per cui si comincia a idealizzare il sogno di Farm, che si concretizza poi con tempi anticipati poiché inglobato nel progetto di recupero del centro storico di Favara.

La famiglia ritorna a Favara per dare il via a questo esperimento che da lì a poco avrebbe creato un indotto inaspettato, poiché accanto e grazie a questa “folle idea” (come spesso è stata chiamata) sono rinate una serie di attività economiche che hanno riattivato la macchina produttiva, culturale ed economica del luogo.
Il progetto parte dai Sette cortili, una aggregazione rurale di abitazioni ormai fatiscenti che hanno dato vita ad un luogo unico di sperimentazione e collettività, quello che il prof. Maurizio Carta ha definito “un acceleratore di particelle culturali”.

Farm Cultural Park oggi ospita una quantità di eventi culturali e artistici di risonanza in tutto il mondo, spazi per l’arte contemporanea e per i nuovi talenti, una galleria, lo shop, un roof top e il Riad, che rende omaggio alla piazza marocchina di Marrakech.
Qui si condivide la bellezza, l’esperienza, il tempo libero, ma anche il cibo: la Zemmula ad esempio, è la cucina condivisa, prevede un tavolo sociale e un salotto collettivo su progetto di Alpes Cucine e Made a Mano.
Dal suo primo compleanno, ad oggi, Farm è cresciuta in maniera esponenziale, viene invitata a partecipare alla 13esima Biennale di Architettura, nel 2013 diventa sede italiana del festival In Medi Terraneum, nel 2014 viene inserita tra i luoghi delle giornate FAI di Primavera.
Dentro Farm nasce nel 2016 anche SOU, la nuova scuola di architettura per bambini, per educare alla bellezza, all’etica ed alla cultura le nuove generazioni, formando cittadini liberi già dalla più tenera età.

L’area diventa il secondo luogo più attrattivo della provincia di Agrigento, dopo la Valle dei Templi, intercettando anche il blog britannico Purple Travel, che lo inserisce al sesto posto al mondo come meta per gli appassionati d’arte.
Per fortuna Farm riesce ad essere una positiva contaminazione e non si chiude dentro i confini dei sette cortili da cui è nata
Nel 2017 nasce Fuori FARM: iniziativa di ulteriore apertura alla città con nuovi progetti, figli del modello Farm Cultural Park, tra cui l’installazione Zighizaghi, un parco multisensoriale realizzato da Francesco Lipari in collaborazione con Milia Arredamenti.

Farm è un attrattore culturale ed artistico di energie e talenti: è stata in grado di riattivare una economia circolare, diventando un modello positivo di rigenerazione urbana.
Farm non è solo un luogo fisico, anzi, per fortuna è un luogo dove i confini scompaiono.
Ogni volta che vado a visitarla percepisco un concentrato di positività e bellezza, ma soprattutto Farm, per me e per i giovani come me, rappresenta “ancora” la speranza e la forza di credere che, in questa nostra terra, qualcosa ancora è possibile sognarla e realizzarla.
Progetto meraviglioso sia esteticamente che per la capacità di ridare vita a comunità e spazi urbani purtroppo trascurati.