1940-1991-2018
Un’ atroce catena storica, lunga quasi ottant’anni, scandisce la storia del popolo estone dalla nascita della dittatura sotto il regime comunista sovietico (1940) fino a giungere alla sua totale indipendenza (1991) e conseguente vittoria morale conclusasi con il monumento alla memoria delle sue stesse vittime (2018).
75.000
Un’altra agghiacciante sequenza numerica, questa volta non temporale: si tratta del numero di persone deportate e assassinate, 1/5 della popolazione estone, che dal 1940 in poi non fecero mai più ritorno a casa.
“A loro è dedicato il monumento. Estonia’s victims of communism 1940-1991: The Memorial.”
A febbraio ho visitato Tallinn e, ammetto per puro caso, mi è stato consigliato di visitare il monumento alle vittime estoni del comunismo.
Pirita tee 78, 12011 Tallinn, Estonia
Un indirizzo segnato sullo smartphone, un taxi che si ferma a Maarjamäe su una provinciale silenziosa e il mio sguardo che si gira a destra e sinistra in cerca di qualcosa, ma trova molto di più.
Un landmark lineare, preciso e netto, un segno forte e deciso come duro fu il lungo periodo del terrore imposto dal regime sovietico all’Estonia.


La lettura del monumento avviene secondo due assi visuali (verticale e orizzontale) e due sono anche le parti che lo compongono. La prima visione che si ha è una lettura verticale, il monumento risulta un colosso, ad altezza sovrumana, impattante alla vista con i due giganteschi muri di cemento rivestiti di lastre ceramiche nere che svettano verso il cielo.
Questa è la prima parte del memoriale, un lungo corridoio progettato come un percorso introspettivo a cielo aperto ma intimo e oscuro allo stesso tempo, chiamato “the Journey” (il viaggio).
Qui 22.000 nomi scandiscono l’iter, in uno spazio senza tempo dove ogni cosa sembra essersi fermata in una dimensione quasi nulla in cui rimangono solo i ricordi scalfiti nella pietra, senza pietà: sono i nomi delle vittime del comunismo sotto il regime sovietico.
I nomi che non sono presenti sul muro sono i dispersi; tutt’oggi continuano infatti i lavori di catalogazione della banca dati delle vittime gestiti dall’Estonian Institute of Historical Memory Foundation.
La lettura orizzontale del monumento invece avviene dall’alto, quando alla fine del percorso percepisci di essere in quota rispetto il piano strada d’ingresso.
La pianta dall’alto è un segno che scompare nel paesaggio, un tratto debole, come la voce del terrore del popolo estone, così flebile e leggera che nessuno l’ha sentita (o l’ha voluta sentire).
Qui inizia anche la seconda parte del monumento: “l’Home Garden”.
Questo è uno spazio aperto, i sentieri si fanno più liberi e sono stati piantati degli alberi di melo come simbolo di un’atmosfera più intima e domestica.


La piazza antistante viene utilizzata per svolgere eventi commemorativi all’aperto.
Il memoriale viene realizzato in concomitanza del centenario della nascita della Repubblica estone, simbolo di indipendenza e libertà per il paese; voluto dal ministero della Giustizia il monumento è stato inaugurato il 23 agosto 2018 ed è opera degli architetti e paesaggisti Arhitektuuribüroo JVR, Ninja Stuudio, Stuudio Truus.
Il memoriale alle vittime del comunismo è inserito in realtà entro un complesso più grande, già dalla foto aerea si percepisce lo studio del paesaggio con elementi materici, sentieri, percorsi e piantumazioni che collegano il Memoriale ad uno spazio limitrofo, il Mausoleo di guerra di Maarjamae. Il monumento sembra esser nato assieme al paesaggio ed alla sua morfologia, completamente integrato nel verde che lo circonda, ad eccezione dell’obelisco alto 30 metri che svetta invece sulla costa.


Il complesso nasceva come cimitero in memoria dei tedeschi-baltici caduti in battaglia ma con l’occupazione sovietica, nel 1975 viene completamente distrutto e viene realizzato un monumento celebrativo dedicato alle truppe sovietiche e ai soldati russi morti a Tallinn.
Dopo l’indipendenza del popolo estone il luogo in memoria delle vittime tedesche è stato ripristinato dalle autorità locali. Il progetto è dell’architetto A. Murdmaa che ne ha dato la conformazione odierna con uno studio morfologico e paesaggistico di tutto l’assetto.
Terminato il percorso questa esperienza scatena subito un effetto domino nei miei pensieri; così mi viene in mente il memoriale all’olocausto a Berlino, il memoriale della Shoah a Milano, il museo ebraico a Berlino, in cui tutte quelle impressioni si reiterano non solo a livello percettivo e sensoriale; ma è l’architettura e il paesaggio in questi luoghi che si trasformano in emozioni.
La linea rossa che unisce tutti questi esempi d’altronde è comune, è un segno così forte da superare la forza delle atrocità compiute. E allora il fine ultimo dell’architettura diventa qui il ricordo, quello che educa e che al corridoio oscuro del terrore contrappone la luce della ragione e della memoria.
Web Site: https://www.memoriaal.ee/