Anno 1824: viene realizzato a Torino il più antico museo della storia e della cultura egizia, ospitato nel Collegio dei Nobili.
Anno 2024: il museo egizio di Torino si rinnova e festeggerà il suo bicentenario con l’inaugurazione dell’ampliamento e riallestimento delle sale originarie, ad opera dello studio OMA.

In duecento anni di storia il museo ha ovviamente subito modifiche, restauri e ampliamenti, però il suo carattere è sempre stato ermetico nei confronti di Torino. Probabilmente il progetto originario aveva proprio questo carattere di chiusura verso la città, un linguaggio estremamente introverso che metteva quasi un muro (fisico e non) con tutto ciò che c’era “oltre” l’ingresso.
A contraddizione di ciò, nel 2022 viene lanciata una gara per l’ampliamento e il riallestimento degli spazi e delle sale espositive in un’ottica di apertura verso la città.
A vincere il concorso è, come suddetto, lo studio OMA (Office for Metropolitan Architecture) con David Gianotten a capo del gruppo. Il team di finalisti includeva anche altri big del panorama architettonico: si leggono i nomi di Kengo Kuma & Associates, Pininfarina Architetture, Carlo Ratti Associati e Snøhetta.
L’approccio progettuale è totalmente diverso, assorbito dalla contemporaneità il progetto risponde alle nuove esigenze del XXI secolo pur continuando ad occupare il ruolo storico di spazio civico che ha sempre avuto nei confronti di Torino e del mondo intero.
Il progetto è costituito da tre macroaree: “sei spazi urbani” (le nuove stanze adibite agli allestimenti, la “piazza Egizia” (snodo ed epicentro di tutti gli ambienti), la “spina” (un percorso assiale su cui si affacciano le stanze).
Dal bando di gara si evince già il carattere di apertura dei nuovi ambiti pensati come episodi di dialogo verso il contesto:
«intende recuperare il carattere originario del Palazzo del Collegio dei Nobili integrando l’edificio nel suo contesto urbano, recuperando una coerenza e un’identità complessiva ora poco percepibili ed offrendo al pubblico un’immagine del Museo dalla forte vocazione pubblica» affermano i progettisti.

I sei spazi urbani accolgono mostre, eventi, allestimenti ed esposizioni temporanee oltre che varie attività di svago. Uno dei sei spazi è proprio la Piazza: la piazza egizia diventerà un luogo di interscambi e di flussi, centro multifunzionale e spazio pubblico che fa da filtro tra il museo e la città.
Vengono portati “in piazza” alcuni reperti archeologici delle stanze originarie, così da interpretare la piazza sia come luogo di passaggio ma anche come sosta. La copertura è una tettoia trasparente con sostegni in alluminio, per incrementare il rapporto di continuità con l’esterno e per rispondere ai principi di sostenibilità dell’intero progetto.
L’asse di “spina”, invece, connette tutte le stanze che su di essa si affacciano come una promenade storico-culturale della cultura egizia, migliorandone la fruibilità e le connessioni urbane.

Studio OMA si è aggiudicato la vittoria del podio perché è stato in grado di leggere attraverso il suo progetto il substrato storico di Torino, reimmetterlo entro la “fortezza” museale e creare un continuum con ciò che il museo egizio era (ed è sempre stato) e la città che lo ha accolto e ospitato.
Uno degli aspetti di particolare rilevanza è stata l’attenzione e la sensibilità ai temi dell’inclusività e dell’accessibilità, l’utilizzo di nuove tecnologie e la capacità di rispettare in maniera sostenibile un fabbricato storico di fama mondiale quale è (e sempre sarà) il museo egizio di Torino.

Photo credits: © OMA by Alessandro Rossi