Ilaria Marelli è architetto e designer a 360 gradi, occupandosi di consulenza di design: art direction e branding, product design, interior, art e visual, social e culture.
È felice della sua professione, non potrebbe fare altro e se dovesse cambiare la sua professione, lavorerebbe in qualunque settore avendo comunque sempre a che fare con progettazione, creatività e arte.
Per Ilaria ogni progetto nasce da un’idea precisa, che può essere raccontata lungo il percorso che porta un concept ad evolversi nel risultato finale.

È proprio la comprensione di questa storia, fatta d’innovazione come di memoria, di funzionalità e di poesia, di dettaglio studiato e di visione sintetica, di gesti consueti e di nuovi riti sociali, che fa sì che un progetto si radichi nel cuore delle persone.
“Per me ogni progetto è un’interpretazione di un pezzo di mondo” dice Ilaria.
Nel nostro incontro, ascoltandola, mi accorgo subito di come sorridente parli di sé, personalmente e professionalmente, con naturalezza e spontaneità e soprattutto con l’ingenuità bella dei bambini: e lei è donna, moglie, mamma e professionista.

La sua storia inizia in un piccolo paese della provincia di Como, dove rimane fino alla fine dell’università: ad Eupilio soffre un po’ l’isolamento, ma da subito si dedica allo studio con passione e fin dalle elementari è una brava bambina che vuole primeggiare; le piace scrivere, disegnare, suona il pianoforte frequentando una scuola musicale e nel tempo libero gioca con il fratello diventando una bambina “maschiaccio”.
Alla fine degli anni ’80 frequenta il liceo scientifico di Erba ed al termine delle superiori vorrebbe iscriversi alla facoltà d’ingegneria o all’Accademia di belle arti di Brera, ma il padre non è d’accordo ed Ilaria, come compromesso, sceglie una terza strada: la facoltà di architettura.
Entra in università a Genova dove trascorre il primo anno ed è un’esperienza entusiasmante, ricca di novità, un anno felice e positivo, ma poi ritorna al “paesello natìo” per fare avanti e indietro dal Politecnico di Milano, iscriversi ad un corso di fotografia, iniziare a fare qualche viaggio e laurearsi in architettura.
Subito dopo la laurea con una tesi teorica, rimane in università come assistente, un’esperienza un po’ sofferta e si dedica al design della sostenibilità, non come progettista, ma come ricercatrice. Alla fotografia affianca un altro interesse: il teatro.

Entra in uno studio d’architettura dove realizzano progetti di lavori pubblici, ma non è la strada giusta per Ilaria fino a quando, fine anni ’90, entra nell’azienda di Giulio Cappellini che cerca un disegnatore e per lei si apre un mondo.
Impara come si fanno i mobili, lavora in un’azienda che sta portando grandi innovazioni nel mondo del design, è a contatto con altri designer stranieri ed inizia la carriera lavorando nell’ufficio ricerca e sviluppo per 5 anni che le permette anche di fare il suo primo viaggio a New York.

Partecipa al Salone del mobile di Milano, al Superstudio con Cappellini disegnando un paio di prodotti, ma Ilaria sente il bisogno di libertà e inizia a lavorare come libera professionista disegnando “La lampada” per Nemo. Va a vivere sul lago di Como e apre il suo studio in città affiancando fino ad oggi l’attività in studio dedicata soprattutto al product design e quella in università dedicata alla sostenibilità con progetti di cohousing e collaborazioni con Poli.design di Milano.



Sono anni in cui realizza il primo allestimento di un padiglione a Pitti che le permette una collaborazione che dura fino a due anni fa e che riprenderà a breve; arrivano progetti di negozi di moda in Giappone, nuovi allestimenti e interni d’arredare, diventa art director per produttori di sedie aziendali curando il catalogo ed il design dell’outdoor, per aziende di letti e sistemi notte disegnando collezioni e cataloghi.
Ciò che appare guardando i progetti di Ilaria Marelli, che siano prodotti, allestimenti o interni è che sono stati disegnati attraverso delle sensazioni che li hanno resi emozionali ed esperienziali: sono impregnati di poesia del vivere.
Occupandosi d’immagine aziendale, Ilaria si preoccupa anzitutto d’interpretare la filosofia dell’azienda per capire come intervenire sulla comunicazione attraverso il prodotto, il negozio o l’allestimento; sempre nel processo creativo non dimentica di analizzare il contesto socio-culturale perché la percezione dello spazio, le modalità di utilizzo ed il significato dei colori, forme e materiali variano molto in base all’ambito in cui il progetto si inserisce.

Per Ilaria rappresenta sempre una nuova sfida quella di dare un’unica identità ad un brand attraverso elementi modulari, ripetibili e riconfigurabili; affronta ogni progetto sempre con quella sensibilità che fa sì che ogni spazio ed oggetto si trasformi in un luogo di emozione e seduzione, come nell’allestimento di Veuve Clicquot grazie ad un percorso leggero di foglie in volo immerso nell’arancione, il colore istituzionale dell’azienda, o grazie alla dimensione favolistica creata dalle grafiche fuori scala nell’allestimento Micro-Macro per Pitti Immagine Bimbo.

A volte ritorna quella sua passione per il teatro ed un allestimento diventa una scenografia teatrale, come il Castello delle meraviglie sempre per Pitti Immagine Bimbo, dove un grande padiglione si trasforma in un luogo lontano.



Le “parole” che Ilaria usa nel suo profilo sono: LUCE, NATURA, INNOVAZIONE, RADICI, BENESSERE, BACKGROUND, STRATEGIA, POESIA ed IRONIA. “Un elemento che è grande fonte d’ispirazione” mi dice Ilaria “è il mondo dell’arte, soprattutto quella concettuale; credo che il design, parlando di attualità e società” continua lei “possa oscillare tra prodotti funzionali per il mercato e prodotti che siano espressione di un pensiero, di un’interpretazione anche molto personale. In questo senso costituisce anche una valvola di sfogo e per questo affianco alla mia produzione per le aziende delle sperimentazioni più concettuali: siano esse prodotti tra arte ed industria o un ‘interpretazione ironica del vivere contemporaneo”.
Mi ritrovo infine a concordare sul suo pensiero riguardo la natura: “Penso che il nostro vivere metropolitano porti a sviluppare un desiderio inconscio di natura, che addomesticata o interpretata, cerchiamo di riportare nel nostro spazio vitale. La natura è quindi una presenza ricorrente nei miei progetti, come elemento fisico, iconico o d’ispirazione…ma è anche segno del rispetto per l’ambiente che mi circonda, che mi porta a preferire soluzioni più eco compatibili e stili di vita più sostenibili”.
Sicuramente vivere a Cernobbio e lavorare a Como, tra le montagne e vicino al lago, influisce sulla vita di Ilaria che vive l’acqua come un elemento che ricarica e pacifica.
copertina: @Diego Alto