Il Giappone non è così lontano, grazie agli architetti Claudio Saverino e Tiziano Vudafieri, che hanno appena ridefinito il concept design di Matanē, locale di street food rigorosamente nipponico con 42 coperti. Pop, spiritoso ed elegante, ha inaugurato il suo secondo spazio proprio a Milano, nell’elegantissima piazza Wagner, al civico 6. Il protagonista nel piatto si chiama onigirazu, ed è un panino di riso racchiuso da un’alga nori e farcito con ripieni variegati, direttamente dalla cultura manga degli anni Ottanta.
Oltre alla cucina, è l’intero ambiente che profuma di Giappone. Il colpo d’occhio regala un tuffo nelle atmosfere e nelle strade di Tokyo colme di luci, insegne, locali street food e sovrapposizioni cromatiche che ritroviamo grazie alle carte da parati e alle lampade multicolor in silicone da tavolo e da soffitto griffate Sowden. Ancora, le librerie a parete, leggere ed eleganti, realizzate su disegno degli architetti, che hanno regalato un’originale reinterpretazione di fusuma e shoji, pannelli e porte scorrevoli che tipicamente delimitano gli spazi nelle case del Sol Levante.
E poi ci sono i colori, che da sempre hanno un ruolo fondamentale nella definizione degli spazi e che fanno da filo conduttore alle scelte di interior design. Spicca il rosso, che in Giappone per antonomasia è il colore sacro usato per rappresentare le divinità e decorare i templi shintoisti: lo troviamo in tutte le sue sfumature per i tavoli, le sedute e le panche. Ancora, il jeans, tessuto di cui il Giappone vanta una produzione d’eccellenza, è usato per cuscini e paravento, per rafforzare l’anima pop del locale. All’ingresso spiccano il bancone in legno con pannelli a rete in rame e la bottigliera a parete, entrambi disegnati da Vudafieri-Saverino Partners.
Saverino e Vudafieri aggiungono così un nuovo tassello al lungo elenco di locali che trasudano eclettismo interpretativo, oltre al Ristorante Berton, Dry, Røst e Kanpai a Milano, Terrazza Aperol a Venezia, Chez Pierre a Montecarlo, Paradiso ad Abu Dhabi e Cannes.
Photo credits: © Andrea Fongo