Disegnata da Giancarlo Piretti nel 1967, la Plia è una delle sedute più belle – in modo indiscutibile- nel panorama del Design italiano. Lo dimostrano gli oltre 7 milioni di pezzi venduti e una produzione che continua ancora oggi, da oltre 50 anni, da sempre con Castelli (ex Anonima Castelli).

Nel corso della sua vita, la Plia ha superato numerosi ostacoli e affrontato moltissime avventure. Per lei, la ditta di materiali Bayer progettò una plastica trasparente specifica affinché potesse reggere il peso di una persona; quando venne presentata al Salone del Mobile, si dovettero incatenare le sedie perché i visitatori portavano via sistematicamente i campioni dallo stand. Una sedia nata sotto la buona stella, e che vide consacrato il suo successo quando entrò a far parte della collezione permanente del MoMa di New York. Ma la Plia è anche una delle sedie più copiate, da sempre: durante un intervento a Bologna nel 2015, Piretti riferì di essersi molto arrabbiato nell’apprendere che una copia – seppur d’autore- della sua Plia era entrata anch’essa a far parte della collezione del MoMa. Piretti non disse il nome ma si riferiva alla sedia Piana prodotta da Alessi e Lamm e disegnata da David Chipperfield, e si fece scappare queste parole: “Che il MoMa abbia messo nella collezione permanente la copia di una cosa già permanente, mi ha dato un po’ fastidio, e io non posso far altro che così: chiedere indietro la mia.”
Parole da cui è intuibile la personalità priva di compromessi del designer, che di questa icona ha creato e curato ogni dettaglio e ogni aspetto. “Quando disegnavo una cosa avevo bisogno di parecchio tempo per convincere i produttori. E a un certo punto decisi di fare tutto io, facevo il prototipo, facevo gli stampi e arrivavo dal cliente con la sedia con le componenti già prodotte.” E per la Plia andò proprio così: Piretti progettò non solo l’oggetto in sé, ma anche gli stampi e la linea di assemblaggio delle componenti, che venivano disposti sul nastro e uniti da una pressa orizzontale. “Quando la vidi per la prima volta, la linea di montaggio mi sembrò una specie di magia” è il commento che ho ricevuto parlando con chi aveva assistito alla fase di montaggio della Plia.

L’invenzione rivoluzionaria, che cambiò per sempre le nostre aspettative sulla sedia pieghevole, è il perno a tre dischi, un sistema di snodi metallici che collegano schienale, gambe e seduta, grazie al quale le componenti si ripiegano in una forma piatta. La Plia è una “sedia d’emergenza”, fatta per gli imprevisti, per quando arriva un ospite in più all’ultimo momento, o anche più di uno, ed è trasparente anche perché così si accosta a qualsiasi tavolo, e dopo si mette via. È poco ingombrante e da chiusa il suo spessore non è nemmeno di 5 cm, si può appendere al muro, e da aperte le sedute sono perfettamente impilabili. La leggerezza, lo stile e la praticità della Plia le hanno ritagliato un posto anche nel mondo della moda. Piretti racconta che quando venne presentata, al Salone del Mobile del 1970, i primi acquirenti provenivano dal mondo della moda: “arrivavano davanti ai prototipi ed erano pronti per ordinare duemila, tremila, cinquemila pezzi, cosa che sembrava uno scherzo ma invece era proprio così, perché a loro servivano per le sfilate”. La Plia l’aveva voluta subito anche Mila Schön, per le sue boutique, ed era stata poi fotografata negli interni dei negozi Yves Saint Laurent, e da David Hamilton in poetiche fotografie artistiche che esploravano il tema di “Passione, Impegno, Dedizione”.

La Plia è oggi una sedia di cui non possiamo fare a meno: penetrata capillarmente nelle nostre case, negli uffici, nei negozi, è una seduta iper-versatile ma carica di storia e stile, pratica e bellissima. Con la sua semplicità (ma ingegnosità) di produzione, può essere prodotta a costi relativamente bassi e venduta a prezzi altrettanto vantaggiosi, e rappresenta la realizzazione dell’idea di design democratico. “Se noi designer riusciamo a disegnare cose poco costose, ognuno di noi avrà più denaro per acquistare quadri, sculture, opere d’arte…”. Ha detto una volta Giancarlo Piretti.
Arthur vi invita ad iscrivervi alla nostra Newsletter!!
Complimenti per il tuo articolo. Una piccola precisazione: dopo varie peripezie ANONIMA CASTELLI, come la fenice rinasce dalle “proprie ceneri”.
E riparte proprio da PLIA e le sue sorelle e fratelli (PLONA, PLATO, PLUFF…).
“POST FATA RESURGO”!
Ancora complimenti per l’amore che traspare dai vostri articoli dedicati al disegno industriale.
Luigi
Buongiorno Luigi, grazie mille per la sua precisazione, siamo sempre molto felici quando i nostri lettori ci mandano commenti e complimenti sui nostri contenuti.
E’ vero che Plia e i suoi fratelli hanno segnato il ritorno di Anonima Castelli dopo un periodo buio (ed io che ci ho lavorato nei primi anni 2000 lo so molto bene), noi preferiamo sempre non sottolineare i passaggi difficoltosi delle aziende di design, come facciamo per Kartell per esempio. Ci sembra più gradevole.
Grazie ancora