Oggi ricevere una mail sul nostro smartphone è una cosa normale, rispondere mentre siamo al parco, nella casa vacanze oppure in viaggio è altrettanto normale, ma non è sempre stato così. I mezzi di comunicazione negli anni ‘50 del secolo scorso erano diversi e la scrittura ancora si basava sulle macchine da scrivere, generalmente ingombranti, pesanti e difficili da trasportare. Il loro utilizzo era relegato all’ufficio. Adriano Olivetti a cavallo con gli anni ’50 era a capo dell’omonima azienda, leader nella produzione di macchine da scrivere, uomo di grande cultura, ma soprattutto capace di cogliere le esigenze del mercato che stava cambiando. Erano gli anni d’oro del design italiano, erano gli anni del boom economico e la società stava cambiando le sue abitudini. La Fiat lanciò pochi anni dopo l’erede della Topolino, la Fiat 500, l’auto che rese gli italiani un popolo di viaggiatori.


Olivetti volle creare qualcosa che non c’era e chiese a distanza di pochi anni a Ettore Sottsass e Marcello Nizzoli, apprezzatissimi designer di fama mondiale, di creare due macchine da scrivere portatili, leggere e dal design inconfondibile. La prima ad uscire dalla fabbrica, precisamente nel 1969, fu Valentine. Nata dalla mano di Sottsass e di Perry A. King, Valentine rispose perfettamente all’idea di creare un oggetto leggero, moderno, economico e trasportabile. In Italia venne chiama “la rossa portatile” grazie alla sua livrea di un bel color rosso sgargiante, ma venne prodotta anche nel colore bianco, verde e blu. Oggi, grazie alla sua linea destrutturata e riconoscibile, fa parte non solo della collezione permanente del Museum of Modern Art di New York, ma anche della collezione permanente del Triennale Design Museum di Milano. Un delle caratteristiche di Valentine è quella di non avere una valigetta esterna in cui chiuderla e trasportarla, l’unica “custodia” è la struttura stessa di Valentine, associata ad un guscio parziale in ABS capace di proteggerla dagli urti, che comprende anche una pratica maniglia e due sicure protezioni in gomma laterali. Valentine era al passo con i tempi, era anticonformista, era colorata, era realizzata interamente in plastica ed era leggera… il successo fu immediato!


Ma vediamo la seconda macchina da scrivere che ha segnato la storia del design italiano: la “Lettera 22”, lanciata sul mercato nel 1950. Olivetti chiese a Marcello Nizzoli una macchina da scrivere portatile, ma elegante e dal design più raffinato rispetto a Valentine. L’intento fu quello di uscire dagli studi della borghesia e rendere possibile la scrittura per tutti, anche fuori dall’ufficio. Al costo di 40 mila lire, circa uno stipendio medio dell’epoca (una Fiat 500 nel 1957 costava 490 mila lire), non certo economica, ma sempre meno di altri modelli presenti sul mercato. Marcello Nizzoli, in collaborazione con Giuseppe Beccio, si concentrò sulla struttura, al fine di ottenere un corpo compatto e leggero, adatto per essere trasportato. Grazie alla sua elegante custodia rigida, era al riparo da urti e scossoni. Ricevette molti premi, uno fra tutti l’ambito Compasso d’Oro nel 1954. Pensate che il Triennale Design Museum custodisce ben sei modelli di Lettera 22 ed è esposta come la sorellina Valentine al Museum of Modern Art di New York.
Una curiosità, Lettera 22 non presenta il tasto corrispondente al numero 1, che si deve scrivere premendo la lettera I (elle) minuscola oppure la I (i) maiuscola, non è presente neppure il tasto zero, che si ottiene con la O maiuscola… una cosa comune all’epoca. Un’altra curiosità riguarda i cuori che ha conquistato, nomi importanti, del calibro di Indro Montanelli, Enzo Biagi, Ernest Hemingway e Oriana Fallaci. Ognuno aveva la sua Lettera 22, simbolo di italianità nel mondo e icona di stile. Possiamo concludere dicendo che Valentine conquistò il popolo italiano e internazionale con la sua livrea di icona pop art, mentre Lettera 22 conquistò un pubblico più esigente, composto da professionisti, che da quel momento poterono utilizzarla ovunque si trovassero.