NFT e CryptoArt sono i fenomeni del momento nel mondo dell’arte, e rivoluzione del relativo mercato. Gli NFT, acronimo di Non Fungible Token, sono gettoni digitali non fungibili, quindi non utilizzabili come moneta, che rappresentano qualcosa di unico. Una volta associati a opere d’arte digitale, gli NFT funzionano un po’ come certificato di unicità delle stesse, permettendone la vendita, su piattaforme apposite, senza bisogno di alcun tipo di supporto fisico.

Beeple, Everydays: The first 5000 days

Sia il sistema degli NFT che la corrente artistica della CryptoArt, che proprio dal mondo digitale e dalle criptovalute prende ispirazione, sono saliti alla ribalta qualche mese fa, con l’asta condotta da Christie’s dell’opera Everydays: The first 5000 days del noto cripto-artista Beeple. L’opera di Mike Winkelmann, questo il vero nome dell’artista, è un gigantesco collage di 5000 immagini create in altrettanti giorni come esercizio artistico, venduto alla esorbitante somma di 69 milioni di dollari, il che la qualifica non solo come lo NFT più costoso ad oggi, ma anche come una delle opere più costose di un artista vivente, avvicinandosi ai 91 milioni del Rabbit di Jeff Koons.

DotPIdgeon, Killing Your Ego

Il mercato, su piattaforme come OpenSea, Nifty Gateway e Rarible, è esploso, portando ancora più collezionisti ed artisti ad interessarsi maggiormente, soprattutto considerando anche il successo di artisti come DotPidgeon, Dangiuz o Hackatao (questi solo per citare alcuni di quelli italiani, ndr). Gli NFT hanno insomma reso possibile grossi guadagni anche agli artisti digitali, visto anche che in questo modo si permette anche l’applicazione di una percentuale sulle vendite successive delle opere. Ma, come in quasi tutte le novità ci sono delle problematiche non proprio trascurabili.

Dangiuz, Suburban Nights

Innanzitutto, la corrente della CryptoArt è per certi versi un po’ immatura, visto che non ne esiste una definizione univoca e precisa. Anzi, tanto per far confusione, la definizione probabilmente più in voga è quella che identifica come cripto-arte qualunque opera avente un suo NFT, portandoci però a mischiare ulteriormente le carte in tavola e non sapere di cosa stiamo parlando.

Il successo recente poi ha portato molti ad improvvisarsi artisti nel tentativo di arricchirsi, creando però opere dal dubbio se non nullo valore artistico, oppure, nel peggiore dei casi, a truffare gli acquirenti vendendo opere di altri ma creando NFT a proprio nome. Da questo sono stati poi attratti non solo i molti collezionisti, ma anche i moltissimi appassionati di criptovalute, e speculatori vari alla ricerca di NFT da comprare e rivendere a prezzo maggiorato, con il rischio che si sia generata una “bolla”.

Hackatao, Yammer

Le accuse poi di non essere ecosostenibile, ma anzi l’esatto opposto visto gli elevati consumi elettrici che il mantenimento della blockchain richiede, essendo necessario il lavoro continuo di più processori ad alte prestazioni, gettano ulteriori dubbi sul fenomeno.
Le soluzioni al problema sono al momento poche o nulle, e solo iniziative come Palm, marketplace che promette proprio di abbattere gli eccessivi consumi, tentano di proporre un rimedio immediato nell’attesa di tecnologie più evolute e meno impattanti.
Pur con dubbi ed incertezze, bisogna ammettere però che di un sistema che valorizzasse l’arte digitale si sentiva il bisogno, come pure di una corrente artistica rivolta ad esso, e non si può che sperare in un loro sviluppo ancora maggiore.