Nel mare, ogni cosa è legata in modo indissolubile a tutte le altre. Le onde sono il campo da gioco. Il fine ultimo. Sono l’oggetto dei desideri e dell’ammirazione più profonda. Allo stesso tempo, sono l’avversario, la nemesi. L’onda è il rifugio, il nascondiglio felice, ma anche un territorio selvaggio e ostile, una realtà indifferente e dinamica.
Le osservazioni sono molteplici, individuali, non direttamente trasferibili e possono essere vissute in molti modi diversi. Un oggetto percepito può generare impatto in numerosi modi. Sta fermo? Si è spostato? Niente è mai come sembra.
Le apparenze sono dunque ingannevoli? No, non sono necessariamente ingannevoli, ma si uniscono a noi in un viaggio, ci travolgono, ci turbinano dentro, ci rendono ansiosi, si ritirano e poi si precipitano di nuovo verso di noi.
Jörg Gläscher, fotografo e artista tedesco, ha realizzato nove onde in una foresta. Come? Senza tagliare alcun ramo, ha invece raccolto legno morto dal suolo della foresta e lo ha utilizzato per costruire l’installazione C18/19. Nove onde enormi (la più grande è alta ben quattro metri e larga nove), che ha fotografato e poi prontamente distrutto per riutilizzare i materiali.
Possiamo attraversarle, fermarle, toccarle, ma tutto si ferma e non va oltre. Dobbiamo lasciarle andare. Ogni onda del mare ha una luce differente, proprio come la bellezza delle nove onde che guardiamo. È unica, era unica.
Photo credits: © Jörg Gläscher