Jago, al secolo Jacopo Cardillo, è uno degli scultori italiani più influenti al momento. Nato a Frosinone nel 1987, frequenta lì sia il liceo artistico che l’accademia di belle arti, nella quale non completerà gli studi, preferendo una preparazione da autodidatta. Paragonato da molti a Michelangelo, non nasconderà mai di essersi ispirato tanto a lui quanto agli altri grandi della scultura rinascimentale dai quali fu colpito già da bambino. La madre, nell’accompagnarlo per musei, un giorno gli disse: “Quello è Michelangelo. La Pietà l’ha fatta con le sue mani. Puoi farlo anche tu. Copia per imparare, non copiare per copiare”.
Divenne famoso con un busto dell’allora Papa Benedetto XVI, un’opera su commissione che essendo istituzionale doveva rispettare alcuni stilemi, risultando in un qualcosa sì molto curato e dalle forme pulite, ma lontano dalle reali potenzialità dell’artista frusinate. L’opera fu però molto apprezzata e gli valse sia il riconoscimento della Medaglia Pontificia nel 2012 che la partecipazione alla 54esima Biennale di Venezia, a soli 24 anni.
Fu la nota rinuncia papale a dare il via ad una delle sue opere più iconiche: se il papa si era metaforicamente spogliato del suo ruolo, la sua scultura invece lo faceva in senso letterale. Jago prende la sua opera e nonostante i riconoscimenti ricevuti decide non di rifarne una simile, ma di tornare a scolpire proprio quella, distruggendone i vestiti e facendo tornare quello che era il papa solo un vecchio e stanco uomo, rispecchiando il gioco di parole del nome per lei scelto, HabemusHominem.
Se lo sguardo della scultura che segue l’osservatore è divertente e conturbante, rendendo lo spettatore l’osservato e non l’osservatore, quello che poi lascia incantati tutti è il realismo della pelle, che nonostante la durezza del marmo, ci appare morbida e cascante come ci aspetteremmo su una persona di quell’età. Il realismo della pelle è piuttosto caro a Jago, indagato ed approfondito in più lavori, come La pelle dentro e Venere. Proprio questa si collega forse maggiormente ad HabemusHominem, sia per la raffigurazione di una persona anziana che per il tema sacro e per il rovesciamento delle aspettative: se la dea Venere è nell’immaginario collettivo simbolo di bellezza e giovinezza, qui Jago la priva proprio di quest’ultima, raffigurandola però nella posa in cui la celebrò il Botticelli.
Jago è un autore molto attento all’aspetto social, che usa molto attivamente sia interagire con i follower che per facilitare l’aspetto imprenditoriale del suo lavoro. Forse anche per questo oltre che per la qualità delle sue opere è molto amato all’estero, infatti proprio a New York si era recato per creare Figlio Velato, opera creata sulla falsa riga del Cristo Velato di Sanmartino, e ospite proprio nella stessa città di Napoli.
Pur facendo riferimento alla nota opera della cappella Sansevero, Figlio Velato non rappresenta un sacrificio volontario di un dio per un bene superiore, ma la morte invano, inutile e sicuramente non volontaria di quello che è solo un bambino. Jago poi non spiega oltre e preferisce come sempre fa lasciare allo spettatore il diritto di vederci altri significati ed altre storie.
Proprio con Napoli Jago ha poi intrecciato una stretta relazione. La città partenopea ne ospita infatti lo studio, la chiesa abbandonata di Sant’Aspreno ai Crociferi, nel complicato rione Sanità che l’artista però vede come luogo fertile per l’arte. Proprio nella principale piazza della città, piazza Plebiscito, ha nottetempo installato l’anno scorso un’opera controversa, dono a Napoli e figlia delle sue riflessioni durante il periodo di quarantena.
L’opera è titolata Look down, gioco di parole con il tristemente noto termine inglese “lockdown”, ed è un invito a tutti a prestare attenzione ai più umili. La scultura raffigura un neonato, in marmo bianco, lasciato in terra e incatenato da una catena in ferro che sostituisce il cordone ombelicale. Quest’opera è protagonista anche di un curioso evento: come tristemente spesso accade, la scultura è stata vandalizzata da 4 giovani ragazzi che hanno ripreso tutto in video. La notizia non avrebbe certamente riscosso molta attenzione, non fosse per la reazione di Jago, che invece di denunciare i ragazzi, dopo le loro scuse, li ha ospitati nel suo studio per mostrare loro cosa vuol dire creare una scultura e per educarli, ottenendo proprio l’effetto sperato.
Per ora Jago resta in questo quartiere, che lui definisce “la futura Manhattan”, ed al momento è di nuovo al lavoro su una scultura citazionista, ovvero La Pietà. Nel realizzare concretamente le parole che gli disse la madre, il riferimento alla più nota Pietà del già citato Michelangelo è evidente. Come si può già apprezzare dal modello, mostrato come al solito dall’artista sui suoi profili, ribalta il paradigma madre-figlio della Madonna che sorregge il Cristo, sostituendolo a quello che sembra un rapporto padre-figlia più umano e meno divino ma soprattutto più attuale.