Per semplici ragioni di spazio, raramente capita di imbattersi in progetti moderni o contemporanei di larga scala nei centri storici delle città europee. Rarissimo è, ad esempio, trovare, nel bel mezzo del centro storico, un intervento degli anni ’60 che occupi ben 14 ettari. È il caso del Barbican Estate di Londra, la cui condizione di esistenza venne posta dall’esercito tedesco: nel 1940, la Luftwaffe bombardava la City con l’operazione London Blitz, radendo al suolo tutta la zona di Cripplegate, una delle porte della romana Londinium, dove oggi sorge il Barbican, appunto.

Dopo la guerra, la City of London Corpration iniziò a esplorare le varie possibilità per far rinascere l’area, attraverso un progetto di residenza estremamente attrattivo che potesse ripopolarla, visto che essa contava, nel 1951, solo 48 abitanti.
Gli architetti a cui venne affidato l’incarico, Chamberlin, Powell e Bon, avevano iniziato la loro collaborazione due anni prima, dopo che Powell ebbe vinto il concorso per il Golden Lane Estate, un progetto di social housing attiguo alla zona dove sarebbe sorto il Barbican e sempre commissionato dalla City of London Corporation.

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Quest’ultimo, seppur di proprietà della Corporation, non fu però un piano di edilizia popolare, poiché le residenze vennero affittate a prezzo di mercato e, anzi, strizzavano l’occhio a una certa categoria di utenti, fatta di (parafrasando l’inglese dei tre progettisti) “giovani professionisti con gusto per le vacanze mediterranee, cibo francese e design scandinavo”. Vennero stampate e diffuse brochure che pubblicizzavano quelle del Barbican come le perfette case per professionisti benestanti e uomini d’affari. Inoltre, l’intervento doveva anche garantire una certa densità abitativa per massimizzare gli introiti degli affitti e rendere lo schema economico efficiente per la municipalità.

Il progetto proposto da Chamberlin, Powell e Bon era in linea con le tendenze architettoniche di quegli anni, il cui simbolo, l’Unité d’habitation di Marsiglia progettata da Le Corbusier, era stato ultimato nel 1952. In quell’anno a Londra si iniziava a discutere il futuro del Barbican, i cui lavori iniziarono nel 1965. L’intero complesso fu dunque pensato come un microcosmo urbano, in cui le funzioni residenziali sarebbero state servite da spazi comuni e servizi interni all’organismo edilizio: centro commerciale, parcheggio interrato, scuole e, al centro della corte, la chiesa medievale di St. Giles Cripplegate, sopravvissuta al London Blitz. Inoltre, fiore all’occhiello dell’intera operazione, il Barbican Centre, inaugurato nel 1986; con teatro, sala da concerto, cinema, varie sale conferenze e spazi espositivi, è attualmente più grande centro teatrale d’Europa, e sede di due importantissime orchestre, la London Symphony Orchestra e la BBC Symphony Orchestra.

Nonostante abbia una notevole densità abitativa, considerando il resto della City, il Barbican è caratterizzato anche dalla presenza di un lago e ampi giardini che garantiscono ai residenti grandi spazi comuni all’aperto, una rarità nelle aree ampiamente edificate di Londra.

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Da un punto di vista architettonico, le residenze del Barbican si articolano in tre torri e gruppi di case a schiera e in linea, la maggior parte sospese su pilotis, collegati da due sistemi di circolazione pedonale: un podio, che costituisce il livello zero all’interno del complesso, e una fitta rete di passerelle e ponti. Tutto il traffico veicolare su gomma e su ferro passa invece al di sotto del podio, lontano da occhi e orecchie.

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È molto interessante come gli architetti abbiano lavorato ispirandosi a modelli passati, specialmente romani e medievali, integrandoli con quelle forme e quei materiali tipici del razionalismo del dopoguerra che rendono il Barbican uno dei più notevoli esempi di architettura brutalista nel mondo. Tra questi riferimenti, sono evidenti quelli all’architettura romana nelle volti a botte delle case a schiera, così come evidenti sono le citazioni veneziane nel sistema di ponti e passerelle pedonali di collegamento. In alcuni dettagli, che ricordano le merlature di un castello, troviamo invece un riferimento al passato dell’area. Il barbacane, da cui il Barbican prende il suo nome, era infatti una struttura addossata alle mura difensive, una sorta di rinforzo, e presente sulla cinta muraria della Londra romana. La memoria millenaria del luogo, cancellata con un colpo di spugna dalla guerra, è stata quindi preservata dagli architetti a un livello molto profondo, e utilizzata come elemento generatore del progetto, attraverso la conservazione e la valorizzazione dei pochi elementi superstiti, come la chiesa di St. Giles, e l’utilizzo di modelli ispirati a una certa romanità, con un atteggiamento tutt’altro che banale per l’epoca.

Alcuni elementi originali superstiti di architettura romana possono essere trovati sparsi qua e là nel complesso. Storia e modernità si incontrano dove si uniscono le mura in mattoni romane e le strutture in calcestruzzo armato degli anni ’60. E sembrerebbe, inoltre, che il passato abbia fatto visita ai nostri giorni anche modi più suggestivi. Pare che, infatti, diversi membri dello staff del Barbican si siano rifiutati di lavorare nei piani interrati, dopo aver visto fantasmi di centurioni romani stare lì dove un tempo si trovava il forte difensivo.

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Cover photo credits: © Max Colson