Istituzione antichissima, l’Opéra national de Paris vide la sua nascita nel 1669, in pieno ancien régime come Académie royale de musique, incaricata di diffondere l’opera musicale su tutto il territorio francese. Dalla sua nascita fino dopo la Rivoluzione francese, l’Académie cambiò svariate volte nome, acquisendo quello attuale dopo il 1789, e cambiò spesso anche la sede delle sue rappresentazioni: non solo a causa degli incendi che all’epoca danneggiavano frequentemente gli edifici, ma anche a seguito di fatti legati ad atti terroristici e rivoluzionari.
È la sera del 14 gennaio 1858 e quattro congiurati, capeggiati dal rivoluzionario carbonaro e mazziniano Felice Orsini, scagliano tre ordigni artigianali, riempiti di chiodi e pezzi di ferro, contro la carrozza di Napoleone III davanti alla sede dell’Opéra, la Salle Le Peletier: il sovrano e sua moglie ne escono indenni, ma il bilancio è di 8 morti e 156 feriti.
Le strette strade di accesso all’edificio rappresentano un problema per la sicurezza e si tratta del secondo tentato omicidio di fronte a un teatro (il primo, ai danni del Duca di Berry nel 1820 all’uscita del teatro di Rue Richelieu, andò a buon fine). Il governo francese, quindi, con un decreto imperiale, lancia un concorso per la progettazione della nuova sede per l’Opéra national de Paris.
La decisione presa e le conseguenti scelte progettuali urbanistiche si inseriscono all’interno dell’imponente piano sociale voluto dal secondo impero e organizzato dal barone Haussmann. Quest’ultimo non era affatto un urbanista o un architetto, bensì prefetto di polizia. E in tal senso si deve leggere la nascita dei raffinati boulevard parigini: con il rischio di attentati e insurrezioni, avere a disposizioni strade molto larghe era un ottimo modo per scoraggiare la formazione di barricate e per spostare rapidamente le truppe. Pertanto, come avvenne in molte altre grandi città europee nell’Ottocento, vennero sventrati interi quartieri medievali e riordinati gli agglomerati di case degradate nati dall’enorme e incontrollato flusso di cittadini dalle campagne.
Al concorso parteciparono 170 proposte, tra cui quelle di celebri architetti francesi dell’epoca come Viollet-le-Duc e Charles Rohault de Fleury. Tuttavia, in modo sorprendente, l’esito del 1861 vide trionfare un giovane e semisconosciuto Charles Garnier. Il fatto irritò parecchio l’imperatrice Eugénie, che avrebbe voluto la vittoria di Violle-le-Duc. A tal proposito, tra realtà e leggenda, pare che si rivolse a Garnier lamentandosi che il teatro non fosse né in stile Luigi XIV, né Luigi XV, né Luigi XVI. Garnier avrebbe risposto <<È in stile Napoleone III, Madame, e lei si lamenta!>>, battezzando, di fatto, lo stile dell’Opéra.
Dello stile secondo impero o stile Napoleone III, una sorta di revival barocco, il Palais Garnier è sicuramente uno degli esempi più rappresentativi e meglio riusciti, per il suo eclettismo che include elementi barocchi e palladiani, ma anche alcune novità che saranno tipiche dell’architettura dell’Art nouveau, come la simmetria assiale della pianta e l’utilizzo di un telaio strutturale in ferro in alcune porzioni di edificio, nascosto, però, da fittissime decorazioni.
I lavori ebbero subito dei problemi. Durante gli scavi per le fondazioni si trovò presto dell’acqua di falda (un vero e proprio laghetto) molto superficiale, e per questo vennero usate delle pompe a vapore per drenare il terreno. Inoltre, la complicata situazione politica (la guerra franco-prussiana, la caduta del Secondo Impero e la Comune di Parigi) non aiutava di certo l’andamento dei lavori, che durarono ben quattordici anni.
Ad ogni modo, il Palais Garnier ebbe un grandissimo successo, tanto che la sua decoratissima facciata, punto focale dell’Avenue de l’Opéra fu riferimento per moltissimi teatri realizzati negli anni successivi (dal Teatro Bellini di Catania alla sede della Filarmonica di Varsavia). Al suo interno, merita una menzione speciale lo spettacolare scalone in marmo che porta all’opulento foyer. L’ambiente, ricco di decorazioni pittoriche, è un perfetto spazio per la socialità del benestante pubblico parigino che si incontrava a teatro, che era, in quegli anni, per chi poteva permetterselo, una sorta di salotto cittadino.
La sala del Palais, con una tradizionale pianta a ferro di cavallo, può ospitare quasi 2000 persone, e ha uno dei palchi più grandi in Europa, capace di ospitare fino a 450 artisti. In alto, sul soffitto, la decorazione ottocentesca è stata coperta da un controsoffitto, su un telaio rimovibile, dipinto da Marc Chagall (oggetto di critiche da parte del pubblico più “conservatore”), al centro del quale trionfa un enorme lampadario di sette tonnellate in bronzo e cristallo.
Proprio il lampadario fu responsabile, a causa della caduta di uno dei suoi contrappesi, della morte di una persona all’interno del teatro nel 1896, il cui fantasma avrebbe poi infestato l’edificio. L’episodio suggestionò lo scrittore Gaston Leroux per la scrittura del suo romanzo Le Fantôme de l’Opéra da cui è stato tratto il celebre musical di Andrew Lloyd Webber. Anche la presenza del laghetto sotterraneo e delle cantine del teatro servirono d’ispirazione come locus ideale per la storia di Erik, il protagonista del romanzo. Pare, inoltre, che anche i lavoratori del teatro avvertirono queste sinistre e spettrali presenze, tanto da generare un alone di mistero intorno all’Opéra e ai suoi spazi meno accessibili al pubblico, da far nascere perfino un escape room a tema “fantasma” all’interno del teatro: “Inside Opéra”.