Nel precedente articolo era stato anticipato che questo primo capitolo sarebbe stato wooooow!
Ebbene, cosa può essere più intrigante di vedere come il futuro è ormai passato ed in quali declinazioni si potrebbe essere arrivato a noi?

Akira di Katsuhiro Otomo è un’opera così importante e mastodontica che riassumerla in breve risulta difficile, sia per la complessità narrativa che per la profondità delle tematiche socio-politiche affrontate.
Trovo corretto dunque raccontarvi questa pellicola tracciando una linea continua che possa condurvi ad un punto di proemio.

Akira, 1988, movie frame and Kenzo Tange, Plan For Tokyo Bay, City Of Ten Million (1960)

Il design del film nasce da una richiesta profonda dell’animo giapponese. Nel dopoguerra degli anni ’60, post disastro nucleare, la necessità di massimizzare e riprogettare il paesaggio urbano trovò terreno fertile in un piccolo gruppo di architetti (Kenzo Tange, Fumihiko Maki, Kiyonori Kikutake, Kisho Kurokawa, Arata Isozaki solo per citarne alcuni) che iniziarono a rappresentare megastrutture modulari in crescita ispirate ai più piccoli processi della vita.
Il film viene prodotto nel 1988, dunque il nesso potrebbe risultare non immediato.

Akira, 1988, movie frame, Eighth District Youth Vocational Training School

Neo-Tokyo, 2019. Futuro. Dopo la Terza Guerra Mondiale, la metropoli è dominata dai disordini sociale: bande di motociclisti, manifestanti, scuole e sistema sociale in fallimento, stratocrazia, esperimenti umani. Tutto questo non è altro che la semplice antitesi della Città dei Dieci Milioni di Kenzo Tange, proposta di un modello utopico post-nucleare che avrebbe dovuto servire la crescente popolazione del Giappone e il conseguente aumento dell’uso delle automobili.

Akira, 1988, movie frame, Neo-Tokyo

Il regista Otomo, anziché mostrare l’ascesa dell’architettura e dell’innovazione tecnologica incarnata dai monolitici grattacieli, decide di mostrare il lato oscuro della città, quello dove la vita è ridotta a un’arida landa. Il sovrapporsi continuo di edifici, il loro ammassarsi e arrampicarsi uno sopra l’altro tendendo al cielo, rende lo spazio denso, violentemente opprimente ed al contempo bellissimo.
Neo-Tokyo è un complesso reticolo di strade, ponti e torri interconnesse. Questa stratificazione multilivello del piano urbano, al contrario del manifesto metabolico, travolge l’uomo alienandolo e facendolo correre su infinite autostrade, ponti sospesi, reti di condutture, uffici e appartamenti accatastati fino ad un punto di non ritorno.

Akira, 1988, movie frame, Akira vital signs

Il capolavoro Akira considera la società umana come un processo vitale. Il motivo per cui a questa pellicola si adatta perfettamente una parola biologica, metabolismo, è che il design e la tecnologia diventano una denotazione della società umana. Il metabolismo (dal greco μεταβολή ossia “cambiamento”) dell’uomo in Akira, tuttavia non è più un processo naturale ma viene catalizzato da trasformazioni architettoniche che si dedicano al mantenimento vitale all’interno della città di Neo-Tokyo.

Akira, 1988, movie frame, motorcycle chase

La scintillante mega-città del futuro progettata da Otomo trova le sue fondamenta in ciò che resta della Vecchia Tokyo. Il sito abbandonato e derelitto è fondamentale per la trama di Akira, ma anche per la pianificazione urbana della metropoli. Le autostrade sono collegate alla posizione precedente della città. Sebbene Neo-Tokyo continui ad espandersi, le rovine della Vecchia Tokyo inseguono la città futuristica perseguitandola dal suo passato.

Akira, 1988, movie frame, storage structure that houses Akira’s remains

Il finale del film riporta Tetsuo e Kaneda (i due protagonisti come ormai saprete avendo visto il film) alle rovine della Vecchia Tokyo, da cui scaturisce poi la morte e la distruzione di Neo-Tokyo. I due protagonisti si rendono inconsapevolmente elementi metabolici, cresciuti troppo velocemente e prossimi alla distruzione, vittima di un proprio ciclo di vita dettato dalla città.
Le strutture organiche del film ricordano le creazioni architettoniche dei Metabolisti, mutando continuamente e diventando sempre più instabili. Le possibilità dell’uomo vengono spinte al limite dalle architetture, nascendo e distruggendosi in continuo ciclo di morte e rinascita.

Giunti a questo punto, nascono spontanee due domande.
Prima domanda: di cosa parlerà mai il prossimo capitolo di questo incredibile viaggio? La risposta è semplice: Fullmetal Alchemist: Brotherhood!
Seconda domanda: come si lega con Akira? Beh, ovviamente in niente se non per la completa contrapposizione all’architettura metabolica che oggi vi abbiamo raccontato.

E allora voi porrete la terza fatidica domanda a cui noi dovremmo essere impreparati: dove si potrà leggere? Ovviamente solo su DesignTellers!