Tendenzialmente mi ritrovo a condividere con voi temi legati al mondo della luce, ma la luce, quella che intendiamo noi, non esisterebbe se non esistesse il buio.
Ed è da questo pensiero, seppur banale, che mi sono prima documentato e di conseguenza informato su come prendere parte all’esperienza del Dialogo nel Buio.

Il Dialogo nel Buio è una percorso allestito presso l’Istituto dei Ciechi di Milano, che si differenzia da un’esposizione tradizionale per l’assenza totale di luce e per il fatto che i visitatori per esplorare gli ambienti devono affidarsi esclusivamente ai sensi del tatto, dell’udito, dell’olfatto, del gusto. Insomma, un’esperienza che insegna un altro modo di “vedere”.

Quindi un giorno, insieme alla mia ragazza, ho deciso di provare quest’esperienza e una volta raggiunto l’Istituto veniamo accolti da Mauro, un ragazzo non vedente, e da quel momento il nostro viaggio ha avuto inizio.

L’ingresso al percorso avviene in maniera graduale: partendo da una stanza illuminata, dove vengono distribuiti i bastoni per non vedenti, si accede ad un corridoio con luci soffuse fino ad arrivare ad una stanza completamente buia.

In questa stanza Mauro ci istruisce su cosa vuol dire non possedere la vista, e dopo una serie di consigli su come muoversi all’interno del percorso e qualche risposta alle nostre domande, ci tiene a sottolineare che questa esperienza non è la riproduzione di ciò che vive un non vedente, ma piuttosto una simulazione per farci capire come sviluppare i nostri restanti sensi.

Il percorso è strutturato in una serie di stanze con diversi scenari della vita quotidiana: da una passeggiata al mercato, ad una gita in barca, il tutto comprendente dettagli sonori o tattili in grado di rendere più verosimile la suddetta situazione.

La prima sensazione è sicuramente quella di una grande dispersione all’interno dello spazio, ma dopo pochi minuti è stupefacente come il nostro corpo, e di conseguenza i nostri sensi, riescano ad orientarsi in un ambiente privo di qualsiasi riferimento visivo. Questo perchè tramite il bastone, elemento fondamentale per l’orientamento di un non vedente, e tramite il nostro udito dopo pochi minuti si riescono a definire gli spazi e gli “ostacoli” del percorso.

L’udito, a differenza della vista, ha la straordinaria capacità di “vedere” oltre i muri e diventa in qualche modo il senso “principale” dell’esperienza.

Ovviamente molte sensazioni provate sono estremamente soggettive, ma dopo una situazione di sconforto iniziale il percorso diventa piuttosto divertente e al contempo molto toccante. Questo perchè ci si rende conto, che sì, è una situazione di estremo disagio e difficoltà, ma allo stesso tempo possiamo constatare che siamo in possesso di sensi altrettanto forti e che il nostro corpo è in grado di adattarsi alle situazioni più disparate.

Al termine di questo percorso, Mauro, prima di salutarci, decide di scambiare con noi quattro chiacchiere riguardanti l’esperienza appena vissuta e quindi veniamo invitati ad un aperitivo, anche quest’ultimo completamente al buio.

E qui entra in scena un altro senso per noi fondamentale, quello del gusto.

Dopo qualche salatino e dopo aver bevuto insieme un Negroni Sbagliato, Mauro ci saluta e ci fa dirigere verso l’uscita, che ci avrebbe portato alla “luce” che conosciamo.

Dialogo nel Buio non è una simulazione della cecità, ma la riprova di come la percezione della realtà possa essere molto più profonda e intensa in assenza della luce.