L’architettura non è mai stata pensata solo come spazio. I grandi maestri della storia dell’architettura ci hanno insegnato che uno degli elementi preponderanti che precede quasi sempre un progetto è la luce, sia essa naturale o artificiale, la luce ha sempre avuto valore primario; non è tangibile ma in ogni spazio in cui entriamo o che visitiamo ci rendiamo conto, anche inconsciamente, di quanto essa sia fondamentale e presente per percepirne a pieno ciò che le sta attorno.
Tempo fa, durante gli anni della mia formazione, mi sono imbattuta nella ricerca e nello studio di architetti e architetture che affrontassero in maniera evidente questo forte legame luce-spazio, simbiosi che mi emoziona particolarmente.
La scoperta più affascinante è quella che solitamente ti devia dal percorso di ricerca che avevi cominciato: la mia fu quella di un artista statunitense “illuminato” e “illuminante”, James Turell.
Turrell è un artista americano pioniere dell’arte ambientale e protagonista del Light and Space, movimento nato in California negli anni Sessanta.
La prima immagine che ho visualizzato è stata quasi psichedelica. Ho pensato a quanta forza avesse quella architettura, poi ho distratto lo sguardo dalla fonte e ho capito che in realtà non c’era un’architettura tangibile in ciò che stavo guardando: Turell aveva ricreato un’architettura fatta di sola luce.

Appassionatami alle sue opere ho voluto saperne di più e quando sono riuscita a staccare lo sguardo dalla forte attrattiva delle sue immagini ho scoperto che Turell  non è solamente un artista, studia psicologia, ma ha anche una formazione scientifica a tutto tondo, dietro le sue opere c’è uno analisi anatomica preliminare; l’artista infatti studia la conformazione dell’occhio e delle onde cerebrali per introdurre nello spettatore uno stato passivo, quasi di trance: gioca con la percezione dell’osservatore mostrandogli la relatività delle cose che vede.

Il primo progetto di sculture di luce risale al 1967, con la serie Afrum, generata dalla proiezione di un fascio luminoso su uno degli angoli di una stanza buia, creando otticamente l’illusione di una figura geometrica tridimensionale che fluttua liberamente nello spazio.

Nelle sue opere “Skyspace”, Turell è in grado di cambiare il colore del cielo, influenzando i nostri fotorecettori e alterandone il colore percettivo.

Numerose sono le sue installazioni site-specific, dove studia la luce per quel solo e unico spazio. Egli manipola la frequenza delle onde cerebrali trasmesse dall’occhio, sfruttando il cosidetto effetto Ganzfeld, da cui derivano le omonime opere: è un fenomeno di percezione causato dall’esposizione a un campo di stimolazione uniforme, colorato e luminoso in cui l’osservatore subisce una perdita temporanea  della visione, sfociando in un fenomeno quasi allucinatorio che Turrell conosce bene e lo definisce  “seeing yourself seeing”, cioè vedere se stessi nell’atto di vedere.

In The substance of light l’opera non ha forma ma esiste soltanto in relazione all’osservatore che vi si immerge e che percepisce la luce come esperienza fisica e palpabile.

Non mi ha mai interessato dipingere la luce, ma utilizzarla come strumento percettivo. Credo che la luce sia una sostanza forte e potente, ma la sua presenza fisica sembra fragile, quasi impalpabile. Per far percepire la sua potenza l’ho trasformata in un’esperienza.” James Turell

Il progetto preponderante della sua carriera, che rappresenta il più grande land-formed work è Roden Crater, culmine della sua sperimentazione, cominciata nel 1977, con l’ambiziosa e ben riuscita pretesa di creare una sorta di laboratorio astronomico, trasformando un cratere vulcanico estinto in una monumentale opera d’arte sensoriale, quella che l’artista stesso ha rinominato “monumento alla percezione”.

Turell è stato in grado di mostrare ciò che nella realtà non si può vedere; in fondo generalizzandone il concetto, è quello che affascina un po’ tutti: la possibilità di sfidare i limiti della percezione sensoriale umana e vedere ciò che non abbiamo mai visto, restandone, ovviamente, affascinati.