Mi ci è voluto un po’ a “partorire” questo articolo: non è facile puntare il mio (flebile) riflettore sull’aspetto meno calcolato di un’opera architettonica. Non solo il meno calcolato, anche il meno celebrato, il meno progettato (di solito) e il meno esposto al pubblico. Le toilette non sono certo il luogo di un edificio nato per diventarne lo stendardo: vi immaginate se pensando al Guggenheim di Frank Gehry ci venissero in mente le sue toilette marmoree prima che la sua rotonda facciata? Ecco, no.

Eppure, per molti mesi in uno dei bagni del museo è comparso il WC-opera firmato Maurizio Cattelan. Era installato al posto di un comune gabinetto, ad uso e consumo del pubblico. Per qualche tempo si è parlato solo di quello e l’aureo WC ha decisamente rubato la scena al resto dell’edificio. Parto da qui per dire che esistono sale da bagno molto speciali, che vale la pena conoscere e visitare.

Iniziamo il tour dall’incredibile, sì incredibile, bagno di Fondazione Prada a Milano firmato niente meno che dallo studio OMA così come il resto della struttura. Il gruppo di architetti guidati da Rem Koolhaas ha creato un luogo davvero singolare, dai colori acidi e pieno di grate. Assomiglia ad un mondo sotterraneo e ha un sapore metallico, simile ad un carcere, che contrasta moltissimo con l’atmosfera luminosa degli spazi superiori della Fondazione. I pannelli grigliati modulari sono l’elemento caratterizzante, impiegati letteralmente ovunque, persino per i pavimenti: per realizzarli le grate sono state immerse in resina trasparente, dando vita ad una superficie liscissima su cui camminare, ma che conserva la sensazione di essere circondati da una “gabbia” su ogni lato. Questo utilizzo ricorrente di elementi industriali prefabbricati può sembrare brutale e invece risulta molto poetico, per via dell’intelligenza e della consapevolezza con cui è applicato. Voto: dieci. (Comunque, già che siete a Milano anche i bagni della Triennale sono molto suggestivi, vi consiglio di inserirli nel tour.)

Spostiamoci dall’Italia, atterriamo in Nuova Zelanda e diamo uno sguardo al coloratissimo progetto di bagni pubblici che l’architetto e artista viennese Friedensreich Hundertwasser ha realizzato nella città di Kawakawa. Col suo tocco naïf e il suo personalissimo stile, Hundertwasser decise di fare dei bagni pubblici un esempio d’arte e infatti il risultato fu un vero e proprio capolavoro. Per realizzare i cosiddetti “Hundertwasser Toilets” utilizzò quasi unicamente materiali riciclati, comprese bottiglie di vetro e mattoni provenienti da una ex filiale della Bank of New Zealand, insistendo perché all’interno della struttura crescesse un albero. Lo spirito ecologista dell’architetto colpì ancora quando chiese di ripiantare tutta la vegetazione rimossa, fossero anche erbacce e infatti lo sono, sul tetto dell’edificio dando vita ad una sorta di “suolo sopraelevato”. Hundertwasser è stato autore di opere e architetture emozionanti, ma in nessuna di queste troverete una linea dritta. E c’è un motivo: egli chiamava le linee rette “lo strumento del demonio”.

Ma non è finita. C’è un’altra toilette che, malgrado le sue condizioni, oggi riceverà l’attenzione che merita. Messo in ombra dal resto dell’edificio, talmente originale che dopotutto è anche comprensibile, il bagno della Casa Sperimentale di Giuseppe Perugini a Fregene ha per prima cosa una porta rotonda. È un cerchio perfetto di cemento, pivottante attorno ad un asse centrale; dentro, una piccola finestra anche lei perfettamente rotonda fa il verso alla sorella grande (la porta). I sanitari sono tutti blu e sono posti simmetrici tra loro. Inutile dire che sembra di entrare in un sogno science-fiction anni ’70 e che immaginare di entrare ogni mattina in un bagno così, dopo una piccola ristrutturazione però, farebbe sentire chiunque assolutamente speciale. Quando ho visto questo posto ho avuto la sensazione che l’autore avesse davvero osato mettere in pratica un sogno, una cosa pazzissima, però in grande stile, e che adesso il suo sogno stava lì davanti ai miei occhi, compiuto sì ma anche un po’ malandato.

Un altro che non si è vergognato di metter mano (e anche mente e matita) al luogo più intimo della casa è stato Buckminster Fuller, autore della celebre Dymaxion House, un modello di unità abitativa prefabbricata che nei primi anni del Novecento già affrontava temi come l’efficienza energetica, tanto per dirne una. La toilette di questa abitazione avveniristica è una di quelle sicuramente degne di menzione. Fuller ideò l’antagonista del tipico bagno americano dell’epoca: prefabbricato e leggero, il Dymaxion Bathroom era progettato per essere facile da installare, igienico, economico e, per dirla come diremmo oggi, eco-friendly. Composto da 5 pezzi, con tanto di lavandino, WC e vasca integrati, il bagno era pensato per non ospitare muffe o batteri (e addirittura per non appannare gli specchi), e per funzionare anche con pochissima acqua. Sembra un sogno ecologista? Lo è, e così rimarrà, perché il glorioso Dymaxion Bathroom non vide mai la luce e resto solo, ahimè, un prototipo.

Per oggi il tour è finito, ma potete continuarlo voi. E sono sicura che la prossima volta che dovrete fare un salto a incipriarvi il naso (diciamo così) farete caso a dove recarvi. E poi, stimolare le proprie toilet fantasy non fa mai male, no?