«Grazie a questo progetto abbiamo trasformato anni di ricerca, su percezione, movimento fisico, luce, natura ed esperienza dello spazio, in un edificio che è allo stesso tempo un’opera d’arte e una struttura architettonica pienamente funzionale»

Così l’artista Olafur Eliasson definisce la sua prima architettura, realizzata a Vejle, in Danimarca, in collaborazione con lo studio Other Spaces, fondato con l’architetto Sebastian Behmann.

Un castello medioevale, una fortezza, una torre vichinga di 28 metri che sorge dall’acqua, raggiungibile attraverso una passerella e destinata all’impresa commerciale e di investimenti Kirk Capital. Solo il piano terra, con le sue opere site specific dello stesso artista, è aperto anche al pubblico, dando così la possibilità di ammirare da un nuovo punto di vista il paesaggio circostante e i riflessi di luce sull’acqua.

L’edificio è formato da quattro grandi cilindri; il continuo susseguirsi di forme curve fa vivere l’architettura, rimandando all’idea di una struttura organica e naturale, che modifica se stessa in relazione agli eventi esterni quali le maree e la luce, non solo durante una singola giornata, ma nell’arco delle stagioni.
Il vero punto di forza di questa architettura sono i mattoni: ne sono serviti 970mila per realizzarla e nel loro essere elementi architettonici semplici, oserei quasi dire “primordiali”, riescono a dare movimento all’edificio, ad adattarsi perfettamente alle forme curve di cui si caratterizza e a giocare con i colori dell’ambiente circostante.

Sono state utilizzate 15 sfumature di terracotta, ma soprattutto i laterizi smaltati: di colore verde posizionati a partire dal basso, di colore blu dall’alto e argento per riflettere la luce del sole e far scintillare l’edificio. L’accostamento dei colori è stato pensato per ogni singola facciata, a seconda di come questa interagisce con la luce e ovviamente della funzione degli ambienti.

Eliasson si è indubbiamente sempre distinto per il valore delle sue opere derivante dall’importante ricerca che le precedeva e anche in questo caso, in quest’opera d’arte che si è trasformata e ha preso le sembianze di un’architettura ha confermato di aver accettato e vinto un’altra sfida.